9 dicembre 2019

Negli ultimi anni sono quasi 20mila gli insegnanti emigrati dal Sud al Nord Italia per poter lavorare: ne abbiamo incontrati alcuni impiegati nelle scuole di Ferrara, per farci raccontare come vivono questa situazione.  Inoltre, in vista delle festività natalizie, nuova denuncia per l’aumento ingiustificato dei prezzi dei treni

Quel che da un lato è un indubbio reciproco arricchimento, ormai perlopiù pacifico e consolidato, dall’altro rappresenta una sofferenza per tante persone, per chi deve partire e per chi rimane, lasciando spesso a centinaia di chilometri di distanza, mogli, mariti, figli, genitori e amici.

E’ l’ormai crescente spopolamento che interessa diverse aree del nostro Meridione, in direzione Nord Italia, semplicemente per lavoro. Abbiamo scelto di parlarne raccogliendo un po’ di dati e alcune testimonianze di una categoria specifica, quella delle insegnanti “costrette” dal Sud a venire nella nostra provincia per poter lavorare nel mondo della scuola.

I dati

E’ a partire dagli anni ’90 che il fenomeno delle migrazioni dal Sud al Nord Italia sembra riprendere intensità dopo i grandi flussi degli anni ’50 e ’60 (dove i picchi furono tra il ’55 e il ’63 e tra il ’68 e il ’70). Gianfranco Viesti, economista all’Università di Bari, ha individuato il 1999 come l’anno della svolta, quando 160.000 persone si sono trasferite dal Mezzogiorno al Centro-Nord, mentre sono state circa 84.000 quelle che hanno compiuto il percorso inverso, con un saldo negativo dunque di oltre 75.000 unità. Dati poi confermati in modo costante negli anni successivi. Le regioni più colpite da questo “esodo” dei giorni nostri sono la Calabria, la Campania e la Basilicata.

Una delle caratteristiche di questa nuova emigrazione è la forte componente giovanile. Dal Rapporto SVIMEZ 2019 su “L’economia e la società del Mezzogiorno”, emerge come le persone che sono emigrate dal Mezzogiorno sono state oltre 2 milioni nel periodo compreso tra il 2002 e il 2017, di cui 132.187 nel solo 2017. Di queste ultime, 66.557 sono giovani (50,4%, di cui il 33,0% laureati, pari a 21.970). “La ripresa dei flussi migratori rappresenta la vera emergenza meridionale, che negli ultimi anni si è via via allargata anche al resto del Paese”, è scritto nel Rapporto. “Sono più i meridionali che emigrano dal Sud per andare a lavorare o a studiare al Centro-Nord e all’estero che gli stranieri immigrati regolari che scelgono di vivere nelle regioni meridionali”.

Leggendo i dati ISTAT sul 2017, sono le regioni del Centro-nord a registrare negli ultimi venti anni flussi netti sempre positivi provenienti dal Mezzogiorno: in particolare, l’Emilia-Romagna ha accumulato fino al 2017 un guadagno netto di popolazione di oltre 311 mila unità.

Ancor più drammatici – emerge ancora dall’analisi della SVIMEZ – sono i dati che riguardano l’edilizia scolastica. A fronte di una media oscillante attorno al 50% dei plessi scolastici al Nord che hanno il certificato di agibilità o di abitabilità, al Sud sono appena il 28,4%. Inoltre, mentre nelle scuole primaria del Centro-Nord il tempo pieno per gli alunni è una costante nel 48,1% dei casi, al Sud si precipita al 15,9%. Con punte del 7,5% in Sicilia e del 6,3% in Molise.

 

Insegnanti con la valigia

Nel libro “In cattedra con la valigia. Gli insegnanti tra stabilizzazione e mobilità. Rapporto 2017 sulle migrazioni in Italia” (Donzelli editore, 2017), a cura di Michele Colucci e Stefano Gallo, viene spiegato come negli ultimi anni sono quasi 20mila gli insegnanti precari che si sono spostati da Sud a Nord, con una prevalenza della componente femminile, e con migrazioni di lungo raggio.

Nella sola provincia di Salerno – per citare un dato emblematico e aggiornato a quest’anno – ci sono ben 7.360 docenti titolari o precari in servizio in Regioni del nord come Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Piemonte o Veneto.

 

Col cuore sempre a casa

Nella nostra provincia nell’anno scolastico 2019/2020 per la scuola ci sono 3.434 posti comuni e 476 di sostegno.

Sei insegnanti di origini meridionali residenti a Ferrara facenti parte di questo “esercito”, hanno deciso di raccontarsi a “la Voce”: sono cinque donne e un uomo, quasi tutti laureati, attualmente impiegati al CPIA (Il Centro per l’Istruzione degli Adulti), all’IPSIA di Ferrara e nella scuola primaria paritaria San Vincenzo. Insegnano italiano, matematica, religione, sostegno, sono equamente divisi tra di ruolo e precari. Hanno contratti che vanno dalle 18 alle 20 ore settimanali.

Si sono trasferiti al Nord Italia prevalentemente negli ultimi anni, ma qualcuno già dal 2001, provenendo dalle province di Foggia, Taranto, Palermo e Agrigento. In quasi tutti i casi, il primo incarico in una scuola del nord è stato anche il primo in assoluto.

Nei loro paesi d’origine hanno lasciato affetti, famiglia e amici. Una di loro si sfoga: “negli anni il distacco è diventato sempre più duro, così come la consapevolezza che se ci fossero state le possibilità lavorative anche dalle mie parti, probabilmente sarei già tornata al Sud, dove la vita scorre diversamente. Ma, di questi tempi, l’importante è tenersi stretto un lavoro ovunque e qualunque sia”.

A casa riescono a tornare, nel migliore dei casi ogni 20 giorni, nel peggiore 1 volta all’anno, con tutte le sfumature intermedie. “Con gli anni per mia scelta sono rimasta a Ferrara – ci spiega un’altra insegnante -, ma le mie radici sono in Puglia. Le festività scolastiche per me significano tornare nel posto che considero ‘casa mia’ anche dopo piu di 20 anni, perché il legame con le proprie radici resta forte”.

 

Un salasso per tornare

Anche in vista delle imminenti feste natalizie, abbiamo domandato loro la spesa media che normalmente devono affrontare per tornare dai propri cari: si va dai costi più alti – in aereo nei periodi festivi circa 400 euro, in pullman 200, verso la Sicilia – a prezzi più contenuti ma comunque rilevanti, vista anche la frequenza media: 100-200 euro ogni volta.

Nelle scorse settimane, Federconsumatori ha presentato un report sui salassi che i pendolari devono subire per poter tornare – che siano studenti o lavoratori – a casa durante le festività natalizie: “Il viaggio in treno da Roma a Reggio Calabria il 23 dicembre – ha denunciato – costa il 144% in più rispetto al costo applicato l’8 novembre”. Il biglietto Alta velocità di Trenitalia passa da circa 44 euro a 112 euro, con, tra l’altro, pochissimo guadagno di tempo. Secondo il report, per la tratta Roma-Bari (Alta velocità) il biglietto andata passa da 39,90 euro (weekend 8-10 novembre 2019) a 61,00 euro (Natale 23-12-2019 / 07-01-2020) quello del ritorno costa 61,00 euro invece di 52,90 euro; Firenze-Reggio Calabria (Alta velocità) passa da 105,80 euro a 136,00 euro, stesso prezzo per il ritorno (invece di 99,80 euro). Firenze-Bari (Alta velocità) passa da 80,80 euro a 111,00 euro, come per il ritorno (contro 87,80 euro). Considerando studenti e lavoratori che vivono a Bologna, per loro scendere a Bari costa 123,00 euro invece di 65,90, e lo stesso salire nel periodo natalizio costa come scendere (invece di 69,90 euro).

Non solo, dunque, spesso “costretti” a trasferirsi al Nord per lavorare o per studiare – vista anche la rilevante emorragia di docenti e studenti universitari dal Meridione al Nord -, ma pure penalizzati – e non poco – nelle spese di viaggio, senza dimenticare i costi alti degli affitti.

Tutte difficoltà che non rendono certo facile la vita di queste persone, vera struttura portante di tante nostre scuole. Concludiamo con le toccanti parole di un’altra insegnante che ha scelto, pur nell’anonimato, di confrontarsi con noi: “Sono trascorsi tanti anni e l’essere lontana dalla mia famiglia, dalla mia terra, dai miei affetti più cari non è semplice. Se oggi mi trovo a vivere a Ferrara, a lavorare come insegnante e ad avere incontrato nel mio cammino realtà e persone – ognuna delle quali mi ha arricchito la vita – è grazie all’opportunità della mia famiglia, dei miei genitori che mi hanno sempre appoggiata e sostenuta in tutte le mie scelte. Nonostante la nostra distanza e la mia mancanza sono sempre nei miei pensieri e nel mio cuore”.

Andrea Musacci

Pubblicato su “la Voce di Ferrara-Comacchio” del 6 dicembre 2019

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