Giulio e Valentina neo sposi della Sacra Famiglia: la loro comunità li ha accompagnati alle nozze attraverso una ritualità e una simbologia fortemente bibliche. Segno che nessuno si salva da solo, che il matrimonio è un cammino dentro un popolo: quello della Chiesa

di Lidia Roboni

«Son venuto nel mio giardino, sorella mia, sposa, e raccolgo la mia mirra e il mio balsamo;
mangio il mio favo e il mio miele, bevo il mio vino e il mio latte.
Mangiate, amici, bevete; inebriatevi, o cari».

I versi del Cantico dei cantici (5,1) campeggiano scritti in un cuore d’argento sul tavolo di un estemporaneo (ma non troppo) “Buffet delle Nozze di Cana”, allestito nella sala parrocchiale della Sacra Famiglia a Ferrara, per festeggiare le imminenti nozze di Giulio e Valentina. Il matrimonio è fissato per domenica 29 settembre 2024, ma qualche settimana prima – un venerdì sera – i genitori e le nonne degli sposi, i testimoni di nozze, alcune persone appartenenti a vari gruppi del Rinnovamento nello Spirito Santo diocesano partecipano incuriositi ad un percorso sensoriale e spirituale basato sulla Parola di Dio. Scopo non proprio segreto della serata, ma lasciato alla completa sorpresa: affidare a Dio la vita coniugale dei futuri sposi come momento di preparazione al sacramento.

Disposti gli invitati seduti in cerchio, corredata da chitarra, la piccola comunità si riunisce attorno alla coppia – che già aveva seguito il corso per i fidanzati tenuto da don Lino Faggioli in questa parrocchia – per vivere la prima delle due fasi della serata, la dinamica degli “auspici”. 

Ciascuno dapprima si presenta agli altri, dando testimonianza del legame personale con i due ragazzi. Ogni passaggio di vita e ogni persona incontrata costituisce le radici del cammino degli sposi fino al momento presente e nel ripercorrere le relazioni si è passata in rassegna la storia della nostra vita.

Il parroco don Marco Bezzi ha voluto portare un saluto, benedicendo i fidanzati, accendendo con loro la lampada ad olio posta al centro del tavolo come simbolo della presenza viva di Gesù. Una presenza non semplicemente in qualità di “invitato” ma di Colui che da sempre ha pensato queste nozze e invita a partecipare della loro gioia: la gioia degli sposi e degli amici degli sposi è quella di Gesù.

Una serie di oggetti simbolici, introdotti opportunamente da un animatore, sono stati consegnati ai ragazzi: anzitutto alcune fotografie portate dai testimoni di nozze a ricordo della loro amicizia. 

Compaiono poi due bottiglie di vino, provenienti da aziende vinicole italiane, dal nome coincidente esattamente con quelli dei fidanzati (su internet si riesce a reperire tutto l’impensabile!), come incentivo a non lasciarsi inaridire e augurio di non perdere mai la felicità del vivere insieme.

Il terzo oggetto consegnato è una comunissima patata, simbolo dei mezzi per vivere di cui ogni coppia che mette su casa ha bisogno. Ogni ospite della serata la estrae da un sacco, riponendovela al termine del giro, con l’augurio ai fidanzati di disporre sempre di ciò che serve, anche appoggiandosi concretamente sulle persone che vogliono loro bene, iniziando da quelle che son lì presenti. 

Una casa dove gli sposi si accolgono l’un l’altro non può non accogliere chiunque vi potrà entrare e gli ospiti van messi a proprio agio, comodi come sui cuscini di un divano. La sollecitudine degli sposi verso il prossimo, con due cuori pronti a “farsi casa” viene materializzata da due cuscini stampati con la loro foto e firmati sul retro da ciascun partecipante della serata.

Ma al cuore di una famiglia piena d’amore non può che starci Lui, il Padrone di casa misterioso di questa serata, con la Sua luce e la Sua vittoria sopra ogni ostacolo: Dio, con la Parola. Un leggìo da tavolo per tenervi aperta a ogni ora del giorno la Bibbia nell’intimità dell’abitazione e un crocifisso dal profumo d’ulivo affinché regni la vittoria di Gesù nella famiglia vengono consegnati, come fonte da cui trarre ogni forza, coraggio e guida. C’è sempre un Terzo a bordo della nostra famiglia, non c’è problema che non possa essere affrontato col Salvatore di mezzo! 

Ora è tempo di entrare nell’intimo formulando un augurio personale: si indirizza agli sposi una frase su bigliettino, da conservare in un sacchetto, dorato come un tesoro.

Il perché di questo gesto? Nessuno si salva da solo. 

Gli «amici dello Sposo» cammineranno accanto agli sposi come compagni di viaggio e, in un reciproco scambio, offriranno qualcosa che non si può comprare con denaro: consigli, ascolto, discernimento, consolazione, correzione fraterna, esempio, cura, soccorso, intercessione…potrà servire perfino il rileggere al momento giusto quelle parole per riaccendere la speranza e la sicurezza di non essere soli.

E dopo tanta strada percorsa fra esperienze, cambiamenti, scelte, fatiche, relazioni, per essere fruttuoso e pieno di senso, il cammino della vita a due non deve essere disperso: occorre far memoria delle grazie ricevute in ogni stagione, sia nei passaggi lieti che nelle lezioni della sofferenza. 

Dove conservare i ricordi più significativi e preziosi? Ecco che viene consegnata alla coppia una grande scatola vuota a forma di cuore, in cui riporre oggetti memorabili impressi come tracce dei nostri piedi sul sentiero della felicità e delle difficoltà condivise.

Ora gli invitati, in piedi, lasciano i due ragazzi al centro del cerchio, per affidarli alla paternità del Signore, con l’autorità dei figli di Dio ricevuta dal battesimo. Si impongono le mani e si intercede liberamente per loro, invocando lo Spirito Santo sui loro corpi, le loro menti, le loro anime, il loro futuro. Un passo dalla Bibbia viene letto per i fidanzati, su cui faranno conto. Un Padre Nostro tutti insieme e un canto danzato concludono nella gioia questo momento spirituale; nessuno se ne torna senza una Parola del Signore che lo possa nutrire, prendendo da un cestino un bigliettino a caso recante una citazione della Bibbia sul tema dell’amore coniugale.

Dopo la cerimonia, cosa ci si aspetta in un matrimonio? Un banchetto! Terminata la fase del “cibo spirituale”, si passa quindi a gustare il cibo corporale! E comincia la festa.

L’ambiente è la scena delle nozze di Cana del Vangelo. Ciascuna delle quattro portate viene introdotta dal relativo brano biblico, riportato sul retro del menù, ed è seguita da una riflessione centrata sulla vita coniugale. Mentre si ascolta, si legge, si avvertono profumi, si assaggia e si mastica: attivando i cinque sensi, si pensa. Si medita assieme.

Il Maestro di tavola mesce le bevande, aprendo con un esclusivo “spritz di Cana” a base di sidro di mele, antica bevanda biblica, creato per l’occasione. Si prosegue con vini intitolati a santi del Paradiso per finire al brindisi con Vin Santo.

L’antipasto ci trasporta in volo all’Antico Testamento (Es 16,11-15): il volo delle quaglie del deserto mandate da Dio agli ebrei in fuga dall’Egitto, gente mai contenta seppure liberata. La fragilità di un piccolo uovo, la preziosità di una carne delicata, la manna pronta da raccogliere…sembra scontato avere cibo in tavola, in realtà esso è dono di Dio. Ci saranno deserti da attraversare nella vita, ma la cooperazione fra gli sposi con ciò che Dio ci manda permetterà non solo di sopravvivere bensì di arrivare alla meta.

Coi “Turbanti della regina di Saba” (1Re 10,2-3) come primo piatto dagli ingredienti nascosti, speziati, inebrianti entriamo nel discorso sulla bellezza, quella esteriore che conquista e quella interiore che non passa. Che cosa succede quando ci si innamora? Esiste una bellezza che solo l’innamorato sa cogliere nell’altro: non è una magia, è un mistero l’amore!

La pietanza ci fa fare un salto, o meglio, un guizzo nel Nuovo Testamento, col miracolo della pesca sovrabbondante operato da Gesù dopo la sua resurrezione (Gv 21,1-14). Una trota salmonata farcita, dai sentori decisi armoniosamente “sposati”, ci pone delle domande sfidanti per la nostra fede: “Ma tu, sai riconoscere Gesù che passa accanto? Che si nasconde nell’altro?”.

Il finale del banchetto si consuma con due dessert della Terra Promessa, ripieni dei suoi sette prodotti elencati in Deuteronomio (8,7-9). La terra “promessa”, cioè tutta da godere nel tempo che i futuri sposi han davanti, un posto dove «scorre latte e miele» è una definizione dal sapore ancestrale: richiama il nutrimento vitale del latte della madre, figura considerata sacra in ogni religione, e richiama, col miele, la dolcezza che fa gustare la bontà della vita. 

Auguriamo agli sposi una fecondità di vita come benedizione elargita da Dio, allietati da figli, dono di Dio. Che gli sposi sappiano “parlare” a loro di Dio; loro, i figli, un domani sapranno “parlare” a Dio. E di Lui agli altri. 

Cin! Cin! Evviva gli sposi!

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 15 novembre 2024

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