A metà Ottocento il noto scrittore e artista inglese fu a Ferrara dove riprodusse le «curve» sulla facciata sud della nostra Cattedrale. Ecco la storia del suo disegno dal vero
di Micaela Torboli
Forse oggi il nome di John Ruskin (Londra 1819-Brantwood 1900) è più noto per le sue vicende private narrate in films, serie tv, drammi teatrali e radiofonici di successo, incentrati sull’infelice matrimonio, poi sciolto, con la giovane Effie Gray. Questi aspetti hanno messo in ombra il ruolo importantissimo che Ruskin ebbe come scrittore e critico d’arte.
La vita di Ruskin ha gli stessi tempi di quella della regina Vittoria, nata nel suo stesso anno e mancata nel 1901: è quindi un vittoriano illustre. Pittore, scrittore, ricercatore, filosofo, Ruskin fu anche progressista sociale e benefattore. A Lancaster esiste “The Ruskin”, biblioteca, museo e Centro Studi presso la Lancaster University, comprendendo anche Brentwood, la tenuta dove Ruskin viveva; Oxford, poi, ospita il Ruskin College, creato per offrire vantaggiose opportunità educative alla classe operaia. Ferrara ha una piccolissima parte in questo percorso intellettuale, perché Ruskin la visitò e ne scrisse durante i suoi tanti viaggi in Italia, fecondi per idee e ragionamenti estetici, con speciale cura per quello stile gotico che lo condurrà a stampare il celebre Le pietre di Venezia (1851-3).
Grande fu l’impronta di questi studi, influenzanti i Preraffaelliti e il movimento britannico Arts and Crafts come preannuncio dell’Art Nouveau/Liberty. Tradotti in molte lingue (in francese da Marcel Proust), spingevano anche verso una critica del restauro architettonico se eseguito come si volesse far tornare quasi nuovi gli edifici, preferendo Ruskin le manutenzioni e nessun “accanimento terapeutico” in caso di danni estesi. Questi pensieri confluiranno ne Le sette lampade dell’architettura (1849, arricchita nel 1880) ovvero sette baluardi dell’estro creativo, guidato da Sacrificio, Verità, Potenza, Bellezza, Vita, Memoria, Obbedienza. Ferrara compare nel capitolo sulla Lampada della Vita (par. XX), dove Ruskin, intento a giudicare le assimilazioni tra gli stili architettonici, invita il lettore a prendere in esame «the extraordinary columns of the arcade on the south side of the Cathedral of Ferrara» (le «straordinarie colonne dell’arcata sul lato sud della Cattedrale di Ferrara»), un repertorio eccezionale di forme che Ruskin disegnò dal vero per gusto e per documentazione, e fu poi inciso da lui stesso a corredare la prima edizione, e da Richard Parminter Cuff (1819-1883) in quella del 1880. Dopo un’accurata descrizione del complesso di archi e colonne della chiesa ferrarese, Ruskin scriveva che era difficile trovare altrove «l’eguale della grazia e della semplicità di quelle artificiose curve bizantine. Quanto a fantasia in fatto di colonne, non conosco nulla che sia simile». In particolare Ruskin apprezzerà le due colonnine binate sulle quali si attorce un tralcio vegetale, coppia di umore bizarre, come sono definite in lingua originale, e le doppie intrecciate tipiche di Bisanzio, transitate nel Medioevo romanico già affine a future suggestioni gotiche.
Giunto in città, Ruskin si sistemò di fronte alla fiancata della Cattedrale disegnando – immaginiamo fosse seduto su uno sgabello pieghevole, magari munito di cannocchiale per l’osservazione – mentre si svolgeva sulla piazza quella che gli parve una fiera (forse sarà stato il mercato), approfittando di un tendone per ripararsi dal sole. Catturava la sua attenzione anche il meccanismo del tendone, mentre gli ambulanti, finito il lavoro, lo chiudevano tramite quello che egli chiama un rack, forse una sorta di cremagliera regolabile (ma talora tradotto con “rastrelliera”), scorgendovi somiglianze curiose proprio con le forme di alcune delle colonnine medievali che aveva davanti agli occhi. Una suggestione casuale – ma fortunata per lo scopo che Ruskin si prefiggeva – certo per noi incomprensibile, dato che le strutture dei tendoni ottocenteschi delle bancarelle non ci sono famigliari. La scena vivace riporta alla mente e immortala la Ferrara ancora papalina di metà Ottocento, per certi versi non dissimile a quella di oggi.
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 10 gennaio 2025
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