È francamente difficile comprendere perché decine di migliaia di richiedenti asilo, nel nostro Paese, debbano rimanere per un anno o addirittura due bloccati in strutture di accoglienza (accoglienza?) a fare assolutamente nulla. Con spese – ovvio – a carico della comunità nazionale. In attesa di leggi al riguardo, c’è chi non solo avanza soluzioni ma avvia progetti. È quello che hanno fatto i Rotary Ferrara e Ferrara est che sono riusciti a mettere attorno a un tavolo altre realtà sensibili al tema, nel caso specifico Arcidiocesi, Confindustria, Città del Ragazzo, Cattedra Unesco, con la supervisione del Prefetto.
Ne è uscito un progetto molto concreto, definito “pilota” semplicemente perché si tratta di quello che, si spera, possa essere il primo di una lunga lista. L’obiettivo è l’integrazione di questi richiedenti asilo attraverso il lavoro: un favore a loro e un favore a noi e dunque alla nostra economia, a settori che abbisognano di addetti. Ma queste persone (moltissimi i loro paesi di origine, come noto) cosa fanno, che professionalità o competenze possono vantare? Di qui il disegno del progetto dei due club service, protagonisti di ciò che potremmo definire il vero Rotary, presentato nel corso di un doppio incontro nella sede di Confindustria (conferenza stampa e tavola rotonda) lo scorso 30 novembre.
Una trentina di richiedenti asilo (sui 930 attualmente sul suolo ferrarese) prenderà dunque parte a corsi di lingua ed educazione civica, orientamento e formazione professionale (industria, agricoltura, servizi) per poi essere inseriti nel mondo del lavoro. Il tutto illustrato dalla presidente del Rotary Ferrara Adele del Bello (capofila dell’operazione) e dal presidente del Ferrara est Paolo Govoni (vicepresidente della Camera di Commercio) che hanno trovato le necessarie alleanze operative, con il prefetto Massimo Marchesiello informato costantemente e ben contento di aderire alla presentazione con un imperativo «ci dobbiamo riuscire» nella certezza di offrire un servizio ai tanti settori economici che ne hanno bisogno. Il progetto terminerà all’inizio dell’estate. In prima fila la nostra Arcidiocesi con il vescovo Gian Carlo Perego: «Questo progetto completa l’ingresso nella comunità; il rifugiato non mangia e dorme soltanto, qui. C’è la persona al centro, con tutele, promozione, inclusione. È fondamentale, per loro come per il nostro territorio, valorizzare le competenze di queste persone, costrette a fuggire dalle loro terre per motivi, politici, religiosi, economici».
Convintissimo della proposta, il vicepresidente di Confindustria Gian Luigi Zaina ne parla come di un’occasione da non perdere: «Potrebbero aiutare la nostra economia e con il lavoro conquistano libertà e dignità. I dati raccolti andranno in un maxi data base e i risultati verranno messi a disposizione di tutti». Di «importanza straordinaria» del progetto, ha poi parlato l’ex ministro Patrizio Bianchi (Cattedra Unesco): «È evidente il duplice obiettivo della inclusione e della integrazione». E ancora: «Il problema-migranti non è solo una questione di ordine pubblico e non lo si risolve con la bacchetta magica o battendo i pugni sul tavolo, ma avendo l’umiltà di sperimentare e di lavorare insieme». Anche la Città del ragazzo con il presidente Antonio Martini e la Cattedra Unesco con la coordinatrice Valentina Mini hanno illustrato il loro specifico impegno tecnico collegati alla formazione e più in generale all’educazione.
Alberto Lazzarini
Pubblicato sulla “Voce” dell’8 dicembre 2023
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