16 dicembre 2021
di Patrizia Trombetta*
Camminiamo insieme? «Ma voi organizzate anche camminate sulle mura di Ferrara?». Questa è una delle domande più originali che ci sono state rivolte. Arriviamo alle cinque del pomeriggio con il pulmino del seminario fin davanti al sagrato del Duomo, la folla è veramente tanta, scorre come un fiume lì davanti, ma non è quel fiume che esce dal tempio. Personalmente un po’ mi vergogno mentre inizio a scaricare le cose necessarie per allestire il nostro gazebo. Poi mi rilasso perché mi accorgo che nessuno fa caso a noi. Issiamo il gazebo con l’aiuto di una famiglia amica, lì in piazza anche loro nel passeggio domenicale. Disponiamo su una panchina la lettera dei vescovi italiani che hanno indirizzato agli uomini e alle donne di buona volontà, il settimanale d’informazione diocesano “La Voce di Ferrara-Comacchio”, e la lettera del vescovo Gian Carlo per il biennio eucaristico. Appendiamo il manifesto con il logo del sinodo e prepariamo la televisione sul tavolo per il collegamento che faremo con il monastero delle clarisse. C’è anche il vicario-regista che fotografa ora qui ora là. Tutto è pronto. Mentre dal televisore facciamo scorrere alternativamente due video, l’uno che racconta cos’è il sinodo e l’altro che mostra immagini del protiro del duomo, arriva anche il vescovo Gian Carlo che accompagna un gruppetto di ragazzi in discernimento vocazionale (vuol dire che stanno pensando se farsi prete è ancora una bella avventura).
Aspettiamo. Guardiamo. Incontriamo. Aspettiamo che qualcuno si fermi a chiedere spiegazioni, non abbiamo l’atteggiamento di chi vuole “vendere” qualcosa a tutti i costi, anzi c’è il solito fratello africano (che oramai è ferrarese doc) che ha in mano i libri di casa sua e ne vuole vendere a noi. Guardiamo la folla che invece di guardare noi, così dimessi e per nulla luccicanti, guarda lì accanto l’enorme albero di Natale acceso di luci e quelli che si fanno il selfie davanti a cotanta bellezza. Incontriamo quelli che si vogliono fermare e che ancora dentro vivono un sentimento di curiosità. Chi si ferma sono perlopiù amici, di alcuni arrivano i parenti. Ci si scambia qualche battuta. Con qualcuno ci eravamo visti alla messa del mattino. La folla continua a scorrere, arrivano anche le zampogne con i bimbi vestiti da pastorelli, è il presepe vivente ma diremo ‘camminante’ che organizza ogni anno la Fraternità di CL, fa un giro di piazza tra gli sguardi divertiti e sognanti di quando il natale per noi più anziani era il presepe con le statuine e le canzoncine che lì davanti venivano intonate. Alla fine non sono tanti quelli che si fermano, ma non ha importanza. Inizia la diretta e il canto leggero delle sorelle poverelle del monastero risuona nella piazza: «O Cristo stella radiosa del mattino, incarnazione dell’infinito amore, salvezza sempre invocata e sempre attesa!».
Le voci delle monache si alternano risuonano convinte e chiare qui sul sagrato del Duomo in mezzo alla folla che va e che viene senza ascoltare; sbircio un ragazzo si ferma e traccia un furtivo segno di croce mentre vede le suore alla televisione, un altro passando risponde a voce alta «ascoltaci, Padre» mentre si stanno recitando le invocazioni conclusive del momento di preghiera. Un uomo con il cane e il sigaro acceso tra le labbra si siede su una delle cinque sedie di plastica che avevamo portato con noi forse un po’ per stanchezza che per interesse, lo dico perché alla fine se ne va senza nulla chiedere.
Le suore continuano a cantare e a parlare, indicano Giovanni il Battista è da lui che le folle vanno con un interrogativo. Noi dalla piazza così affollata ma anche così deserta rilanciamo: «Dio non viene una volta per sempre, ma il suo è un continuo venire nella nostra vita ed è per questo che l’atteggiamento fondamentale del credente è quello di attendere essere attenti al Signore che viene. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci dice che il punto di partenza ciò che rende possibile l’incontro tra l’uomo e Dio che viene è il deserto. Deserto significa uno spazio vuoto dove non c’è vita dove la vita ti può essere solo donata dove tutti sperimentiamo il limite, la mancanza, l’insufficienza, l’insicurezza, tutto questo è il deserto dove si fa quell’esperienza faticosa ai tempi del Battista come ai nostri, di avere bisogno dell’altro, di non bastare a se stessi. Ebbene Giovanni Battista va ad abitare il deserto comincia da lì e non potrebbe essere altrimenti potremmo dire che il Battista è innanzitutto uno che è capace di stare nel deserto capace di abitare il vuoto l’attesa e per questo prova a chiamare altri a fare la stessa esperienza rende possibile ad altri abitare la propria mancanza il proprio bisogno. Giovanni rende il deserto abitabile accessibile la gente del suo tempo trova il coraggio di andarci perché li sa che c’è qualcuno che per primo è sceso in questo abisso».
L’esperienza di domenica pomeriggio ha tutti i rumori e i sapori del deserto.
Chiesa di Ferrara-Comacchio sei pronta ad abitare quel deserto? Sei capace d’interrogarti su che cosa devi fare?
«… non ci faremo cancello, tavolo di controllo, ma piuttosto sentiero. Sentiero che indica, come il Battista, chi è la vera salvezza dell’uomo, sentiero che come chiesa conduce a spazi ampi e ospitali di ogni umanità. Chiesa capace di vicinanza con passione, tenerezza gratuita. La riforma o il rinnovamento della Chiesa potrà essere operata solo da chi l’ha operata prima sulla propria persona da chi ha maturato uno stile di relazione di comunicazione di collaborazione».
La tenda in piazza è stata piantata. Il primo passo del sentiero tracciato. Magari ci ritroveremo in tantissimi a camminare insieme sulle mura della nostra bellissima città.
*Equipe sinodale diocesana
(Foto: la tenda del Sinodo in piazza a Ferrara nel pomeriggio di domenica 12 dicembre)