Suor Veronica Donatello a Ferrara: creare in Diocesi una mappa dei bisogni e delle risorse, fare rete tra le comunità 

Soggetti e non oggetti delle nostre comunità devono essere le persone con disabilità: sulla loro attiva appartenenza alla Chiesa e alla città si è discusso il 15 maggio a Casa Cini, Ferrara, nell’incontro “Il Vangelo della fragilità. Per costruire una mappa dei bisogni e delle risorse nel nostro territorio”, organizzato dall’Ufficio Catechistico e dall’Ufficio per la Pastorale della Famiglia diocesani, in collaborazione con il Consultorio Diocesano. Oltre 30 i presenti, invitati dagli organizzatori e impegnati nella cura delle fragilità: operatori e volontari di associazioni, cooperative e movimenti, catechisti, insegnanti di religione, educatori, un sacerdote e una madre con una figlia con trisomia 21, oltre a una persona disabile.

Relatrice è stata suor Veronica Donatello, Responsabile del Servizio Nazionale per la Pastorale delle persone con Disabilità che ha riflettuto partendo da un dato: in Italia sono 13 milioni le persone disabili, spesso «invisibili». È dunque importante come Chiesa «fare rete, permettere a queste persone di entrare davvero nei nostri processi: questa è una bella sfida sinodale». Anche loro sono parte fondamentale delle nostre comunità. Per questo, non basta più il «mero assistenzialismo» e il – pur necessario – prendersi cura: le persone con disabilità «non hanno solo bisogni primari», non possono essere trattate come «eterni bambini» e la loro storia non può essere «rappresentata da altri». Va quindi superata una postura comunitaria troppo incline a vedere nella persona fragile qualcuno meritevole di assistenza pietistica o legata agli eventi, o, nella peggiore delle ipotesi, una diagnosi, attorno alla quale costruire spazi per metterci a posto la coscienza. Va invece proposta una «visione riabilitativa», che faccia essere la persona disabile non oggetto ma «soggetto attivo, integrato nella comunità, pienamente appartenente ad essa». Serve, quindi, una «visione dei sostegni e dei desideri»: servono «sostegni diversificati» perché la persona con disabilità ha bisogno di «essere ascoltata nei propri desideri».Serve quindi, anche nelle comunità ecclesiali, una «cultura nuova», un «cambio di paradigma» che dia vita a «un grande “noi”», non a un “noi” e a un “loro”. Si può cominciare con «piccoli passi», ha proseguito sr Donatello, mettendosi in rete fra parrocchie, UP, associazioni, movimenti, educatori ed educatrici…Perché le persone con disabilità e le loro famiglie «non sentano più l’assenza della Chiesa», perché vengano meno «timore e vergogna» reciproche.

«Le persone con disabilità sono a pieno titolo parte della Chiesa e della città». Così il nostro Arcivescovo mons. Perego nel suo intervento finale nel quale ha citato anche l’esempio virtuoso del Camping Florenz di Lido degli Scacchi e posto l’accento sull’importanza dell’integrazione di queste persone in ambito lavorativo. È decisivo – ha concluso – «lavorare sui segni concreti» e «sull’opinione pubblica ecclesiale» per superare i pregiudizi, valorizzando l’ambito comunicativo.

Ora il percorso seguirà, raccogliendo una prima serie di sollecitazioni, reazioni e idee da parte dei partecipanti. Chi vuole mandare un proprio contributo, può scriverlo alla mail ufficipastoralidiocesani@gmail.com

La prossima tappa avrà lo stile del dialogo sinodale, attorno alle tematiche raccolte. Certamente una delle prime questioni da affrontare è quella del progetto di vita. Ci sono mondi che sembrano spegnersi improvvisamente attorno alle persone disabili e questo avviene soprattutto nei passaggi di vita cruciali per ogni essere umano: la fine del segmento scolastico, la scelta e le opportunità professionali, il momento per vivere la propria affettività o realizzare la propria vocazione. 

Dobbiamo cominciare a preoccuparci di un “mondo invisibile”, il più importante: quello dei primi cittadini del Regno.

Pubblicato sulla “Voce” del 24 maggio 2024

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