È Beatrice d’Este quella raffigurata nel misterioso quadro? Analisi e supposizioni, tra collane e cromìe
di Micaela Torboli
La duchessa di Milano, Beatrice d’Este, morta di parto a 21 anni nel 1497, nella sua breve vita ebbe occasione di farsi ritrarre spesso, così che ben conosciamo le sue fattezze. Era una gran modaiola, la ferrarese, e le dame la imitavano: così esistono quadri che immortalano giovani pettinate con “trinzale, lenza e coazzone” e abbigliate nel suo stile, somiglianti a lei, certo, ma che non è possibile identificare con certezza come Beatrice.
Ecco quindi che Silvia Malaguzzi, nel suo ultimo lavoro, Diamanti rubini e smeraldi. Il linguaggio dei gioielli nei dipinti degli Uffizi (Busto Arsizio, Nomos, 2023) ha dovuto mettere un punto interrogativo accanto al nome di Beatrice d’Este posto alle pp. 218-221 del suo libro, in apertura del capitolo dedicato ad un dipinto attribuito ad Alessandro Araldi (Parma 1460 ca.- ivi 1528 ca.), vanto della Galleria degli Uffizi, che ritrae una dama del Quattrocento ingioiellata all’inverosimile.≥È Beatrice, forse, ma si fa anche il nome di Barbara Pallavicino (?-1539), tesi basata su labili indizi. Araldi è poco documentato e ancor meno studiato. L’artista parmense avrebbe assunto echi della pittura ferrarese ma senza mai recarsi a Ferrara, ma una sua visita in città risulta molto più plausibile, anche se non se ne trova notizia.
Tornando a Beatrice, Malaguzzi ne avvalora l’identificazione in base ad una lettera che descrive «una bella collana cum perle grosse ligate in fiori d’oro con uno bello zoglielo da atacare a dicta collana, nel quale è uno bellissimo smiraldo de grande persona, et uno balasso et una perla in forma de un pero», gioia appartenuta a Beatrice. La collana del ritratto ha le perle infilate in modo semplice, invece che «ligate in fiori d’oro», per cui il gioiello non corrisponde a quello della missiva. Malaguzzi si volge quindi al pendente, posto sui capelli, formato da smeraldo, “balasso” (balascio: pietra rossa che poteva indicare un rubino o uno spinello) e perla. L’idea è plausibile, ma non solo per i motivi addotti da Malaguzzi, come simbolismi e similitudini con altre gioie: meglio valutare che bianco rosso e verde erano i colori “alla divisa” della casata estense. Che poi anche altre famiglie, compresi i Medici, abbiano adottata la stessa terna cromatica, non svaluta la precedenza estense (cfr. Micaela Torboli, Il duca Borso d’Este e la politica delle immagini nella Ferrara del Quattrocento, Ferrara 2007). Perla, smeraldo e “balasso” hanno appunto le tinte estensi, e riconoscere questo dato, purtroppo trascurato, può rafforzare l’identificazione della donna del quadro con Beatrice d’Este.
Non è necessario datarlo entro il 1497, come accade legandolo a tempi precedenti la morte della duchessa supponendo che abbia posato per esso, infatti questo potrebbe essere il tipico ritratto postumo, ideale, richiesto dai parenti in ricordo della defunta. Riferendolo a Barbara, lo si vuole eseguito intorno al 1510-1520, non valutando però che dopo il 1500 nessuna dama si sarebbe acconciata col coazzone, una foggia degli anni ’90 del XV secolo, ormai sorpassata. Risulta quindi più centrata l’ipotesi di un ritratto postumo di Beatrice. Gli spunti collegabili agli Estensi, nel lavoro di Malaguzzi, sarebbero anche altri, primo tra tutti il simbolo mediceo dell’Anello con il Diamante, trattato dalla studiosa specie in relazione alla Pallade e il Centauro di Botticelli (1483 ca.), dove questa immagine abbonda: che l’Anello con il Diamante estense sia possibile precedente rispetto all’uso mediceo non si legge neppure in una nota. Chi scrive pensa di aver dimostrato che è probabile che tale simbolo non sia affatto invenzione originale dei Medici ma provenga loro da un dono araldico da parte del marchese di Ferrara, Nicolò III d’Este (si veda: Micaela Torboli, Diamante! Curiosità araldiche nell’arte estense del Quattrocento, Ferrara 2010, cap.IV). Era il tempo in cui i Medici, mercanti e banchieri, cercavano di innalzarsi socialmente grazie all’amicizia di nobili guerrieri dominanti di uno Stato, come gli Estensi, dandone prova visiva proprio grazie alle condivisioni araldiche.
Articolo pubblicato su “La Voce” del 23 giugno 2023
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