Penultimo Vescovo ferrarese, guidò la Diocesi di S.Severino Marche fino alla morte nel 1926. Vi raccontiamo la storia di un “santo” dei poveri e della sua magnifica croce pettorale 

di Andrea Musacci 

Morì in odore di santità, mons. Adamo Borghini. Di sicuro, il Vescovo di origini ferraresi non tornò al Padre nell’opulenza e dai poveri mai si staccò.

Proprio dieci anni fa, il 25 gennaio 2014, venne ordinato Vescovo l’ultimo ferrarese, mons. Andrea Turazzi, per dieci anni alla guida della Diocesi di San Marino-Montefeltro e dallo scorso 3 febbraio Vescovo Emerito.

È del suo predecessore che vogliamo parlarvi, di quel poco noto, quasi “dimenticato” mons. Borghini e della sua croce pettorale da mons. Turazzi indossata per la sua Consacrazione Episcopale. Una croce particolarmente bella e ricca, segno tangibile della storia della nostra Chiesa locale e dei suoi santi.

CHI ERA MONS. BORGHINI

Dal saggio di mons. Italo Marzola, “Mons. Adamo Borghini Vescovo di S. Severino e Treia” (in Analecta Ferrariensia II, 1974), ricaviamo alcune note biografiche e alcuni aneddoti che ci aiutano a delineare la figura del presule ferrarese.

Adamo Borghini nasce il 12 dicembre 1859 a Gualdo vicino Portomaggiore, da Giovanni e Maria. Battezzato a Ducentola, è il secondo di sette figli. Il padre di Adamo era cantoniere della strada che da Ferrara conduce a Portomaggiore, la madre casalinga. «Sentì molto presto un vivo desiderio di farsi sacerdote», scrive mons. Marzola e «avendo fin dai primi suoi anni dimostrato una speciale tendenza alla pietà ed allo studio fu accolto nel Seminario Arcivescovile dove ben presto si distinse per modestia, amore alla preghiera e profitto negli studi». 

Dal 1881 al 1887 frequenta gli studi teologici al Pontificio Seminario Pio IX di Roma. Il 23 dicembre 1882 nella Basilica di S. Giovanni in Laterano viene ordinato sacerdote e nel 1884 si laurea in teologia. Tre anni dopo torna a Ferrara, dove viene nominato insegnante di Sacra Scrittura in Seminario. Nel 1888 diviene Canonico Teologo della Cattedrale: «il giovane teologo compiva fedelmente il suo dovere non mancando mai nelle feste stabilite di istruire il popolo dal pulpito del Duomo». 

Viene poi nominato Preside della Facoltà Teologica, Procuratore fiscale della Curia e Cappellano delle carceri di S. Paolo, «incarico che umilmente diceva essergli stato affidato in quanto egli era degno di siffatti parrocchiani. Colà egli svolse una intensa e benefica attività. Nessun sacerdote prima di lui vi aveva avuto ingresso libero né era stato incaricato dell’assistenza a quegli infelici», prosegue mons. Marzola. «Esercitò tale servizio gratuitamente, anzi provvide personalmente alle spese per piccole necessità dei carcerati ed organizzò festicciole in loro sollievo». Nel 1901 il card. Giulio Boschi, Arcivescovo di Ferrara (ultimo Arcivescovo ferrarese a essere Cardinale) lo nomina Rettore del Seminario. «Qui, persuase alcuni incerti o sospetti a lasciare il Seminario. La disciplina fu resa più rigorosa. (…) Affidò la cucina del Seminario alle suore, cosa che allora parve un’ardita novità». Con un radicale provvedimento soppresse in Seminario ogni attività teatrale. 

Nel 1903 il card. Boschi lo elegge anche suo Vicario Generale e poi Arciprete del Capitolo della Cattedrale e Protonotario Apostolico. Ma sarà anche Visitatore delle Piccole Suore della Sacra Famiglia. «Era molto studioso», scrive ancora mons. Marzola. «Viveva poveramente. Era voce comune che portasse il cilicio e che talora dormisse sul legno. Trascorreva gran parte della giornata o nella scuola o nel coro del Duomo o nei vari conventi della città. Era molto gioviale. Nelle difficoltà non perdeva la pace. Era solito dire: “tutto giova per la vita eterna”».

Viene quindi promosso Vescovo titolare di Carpasia (Cipro) coll’incarico di ausiliare del Cardinal Boschi: è solennemente consacrato in Cattedrale il 2 febbraio 1909. Nel 1911 si stabilisce a Comacchio come Vicario del card. Boschi essendo allora quella Diocesi unita a quella di Ferrara. «Nell’epidemia di colera del 1912 esercitò una carità senza limiti e dovette angustiarsi molto per l’assistenza igienica e morale ai colpiti dal terribile male».

Nel giugno 1913 diviene Vescovo a San Severino Marche (Macerata) (dove poi gli verrà intitolata una via), unita alla Diocesi di Treia. «Nella festa di Ognissanti del 1913 Monsignore rivolse da Ferrara alla sua nuova diocesi la prima lettera pastorale. Vi manifesta quali saranno le direttive del suo lavoro apostolico: “Formare Cristo nelle anime dei fedeli, renderli stabili nella vita che hanno in Cristo e per Cristo, perfezionarli in essa e farli adulti, affinché, per grazia fratelli minori di Cristo, siano figli di Dio e ad un tempo eredi e coeredi con Cristo stesso”». Prosegue poi mons. Marzola: «a S. Severino come a Ferrara e a Comacchio i poveri furono la sua passione e forse anche il suo debole. Potevano fermarlo per via, andarlo a trovare in palazzo e guai se si cercava di impedirne loro l’accesso! Si dice che abbia donato la biancheria personale, le scarpe e perfino una veste talare. Una volta fu visto dare ad un povero tutta la sua cena ed accontentarsi di una pannocchia di granturco abbrustolita».

Muore il 27 dicembre 1926. I funerali si svolgono il 9 gennaio 1927. In un primo tempo mons. Borghini viene sepolto nel pubblico cimitero, ma nel novembre ‘51 la salma è solennemente trasportata nella cripta dei Vescovi nel santuario di S. Severino al Monte. Qui, all’ingresso della sacrestia il parroco ha collocato un avviso in cui coloro che ricevono grazie da mons. Borghini sono pregati di darne relazione affinché possano essere comunicate. Infatti all’intercessione del Vescovo ferrarese si attribuiscono alcune grazie tra cui quella di Maria Leonori e quella di Cesare Rumachella.

LA SUA CROCE PETTORALE 

Una croce pettorale è una delle insegne episcopali dei Vescovi cattolici. Come spiegò papa Benedetto XVI nel Saluto ai giovani a Notre-Dame di Parigi (settembre 2008), questo tipo di croce oltre a denotare la dignità di chi la porta, non ha valenza «né di ornamento, né di gioiello, ma di simbolo prezioso della fede e segno visibile e materiale del legame con Cristo». È un manufatto solitamente in metallo prezioso, a volte anche gemmata, e all’incrocio dei bracci può presentare una cavità nella quale si inseriscono le reliquie dei santi o dei frammenti della Vera Croce.

E così è per la croce pettorale di mons. Borghini, che appartiene ad una sua pronipote residente a Ferrara, pervenutale in eredità. Come si evince dalla perizia fatta nel 2013 dall’orafo pavese Livio Antona Maurizi, che la restaurò, la croce risale probabilmente al 1650-1700 ca. ed è di provenienza russa: «tutto questo si evince dalle incisioni esterne dette “niellate” tipiche del periodo e del sito», scrive nella perizia. E la croce è anche un preziosissimo reliquiario, in quanto contiene – in microcartigli e in una piccola teca – frammenti di Santi particolarmente significativi per Ferrara-Comacchio: Beato Giovanni Tavelli, Beata Beatrice I e II, Santa Caterina Vegri, San Maurelio e San Leo.

Mons. Andrea Turazzi, originario di Bondeno, ricevette la nomina a Vescovo nel 2013, esattamente 100 anni dopo la nomina di mons. Borghini a Pastore a San Severino Marche. Il 25 gennaio 2014 nella Cattedrale di Ferrara si svolge l’ordinazione episcopale di mons. Turazzi: per l’occasione, quest’ultimo indossa la croce pettorale appartenuta al suo illustre predecessore. Un simbolo di bellezza che rimanda alla Bellezza eterna, solo in Cristo possibile, e “gemmato” misticamente dei volti dei poveri a cui mons.Borghini dedicò la vita.

Pubblicato sulla “Voce” del 28 giugno 2024

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(Foto: mons. Borghini. La sua croce pettorale con le reliquie)

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