26 giugno 2020
Martucci, qual è la sua formazione ecclesiale?
Al 100% parrocchiale. Ho avuto la fortuna di crescere in una comunità radicata in un territorio difficile, che dalla sua fondazione ha dovuto e voluto essere una porzione del popolo di Dio caratterizzata dal modello ecclesiale narrato dal Concilio Vaticano II. Ho vissuto Lumen Gentium, Sacrosanctum Concilium, Gaudium et Spes e Dei Verbum fin da ragazzo prima di studiarle sui documenti. Questo senza dubbio ha dato al mio percorso di fede un orientamento preciso, nel quale sono radicato e che cerco di rendere bussola a tutt’oggi. A questo l’Azione Cattolica ha aggiunto consapevolezza e irrobustito il cammino formativo, l’esperienza fondamentale della democraticità, di uno stile che va oltre l’appartenenza parrocchiale e soprattutto la dimensione diocesana dell’essere Chiesa, aprendo le porte e abbattendo l’idea di orticelli e fazioni inutili e dannose. Il percorso di studi in Scienze religiose ha fatto crescere ancora di più nei miei interessi la teologia, l’attenzione alla dimensione culturale della fede, l’amore per la Sacra Scrittura.
Quali sono i suoi punti di riferimento, i suoi “maestri”?
La mia formazione è stata davvero corale e a questo proposito mi viene da dire che a educare alla fede è davvero la comunità cristiana. La trasmissione della fede è un fatto comunitario, senza dubbio! È logico che alcune persone hanno avuto un peso diverso. Penso a don Ivano Casaroli, Suor Maria Casalicchio, don Domenico Bedin, don Francesco Forini. Figure di riferimento per preparazione, testimonianza, umanità. Ma anche laici, come Patrizia Trombetta della mia parrocchia e Maria Luisa Mascellani, la mia maestra elementare, colonna dell’AIMC. Come figure mai conosciute cito don Lorenzo Milani, il Cardinal Martini, Silvano Fausti e Vittorio Bachelet.
Che AC eredita da chi l’ha preceduta?
Un’eredità indubbiamente preziosa. Un’associazione che con serietà e gradualità ha cercato di essere presente sul territorio e a disposizione del proprio pastore; di aumentare il senso di appartenenza e di corresponsabilità dei suoi aderenti, di essere luogo accogliente e non elitàrio per chi vive al suo interno e per chi si affaccia alla vita dell’associazione dall’esterno. Un’associazione capace di interrogarsi e di fare discernimento per rinnovarsi non “tanto per fare” ma cercando invece la strada che lo Spirito disegna per compiere la missione all’interno della Chiesa. Discernimento lungo e faticoso ma che viene affrontato con consapevolezza, fede e senso di gratitudine. Questo è significativo del valore associativo: c’è un solco, che precede la stessa Presidenza di Chiara Ferraresi, nel quale ci si inserisce e si cammina portando avanti orientamenti di fondo e dando il proprio apporto, senza mai cancellare quanto costruito in precedenza. Eredito la presidenza di un’associazione ben conscia delle proprie fragilità ma sicuramente pronta ancora una volta a mettere in gioco i propri talenti per farli fruttare.
Veniamo da un difficile periodo di emergenza: l’AC come l’ha vissuto?
Ci siamo trovati in pieno lockdown senza che ancora fosse stato convocato il Consiglio diocesano elettivo. Abbiamo deciso di svolgerlo in video conferenza e il 17 marzo abbiamo eletto i responsabili di Settore e la terna di nomi da presentare al vescovo per la nomina del Presidente. Da quel momento i Settori hanno iniziato a lavorare a distanza. Due considerazioni. La prima è che nella difficoltà del momento la rete associativa è stata una sicura risposta per tutti al pericolo di isolamento e di solitudine, e che tale rete è stata un mezzo per cogliere l’opportunità di vivere la fase di quarantena come un momento favorevole per una vita di preghiera e di meditazione più profonda. La distanza ha indubbiamente svegliato la coscienza di tutti di fronte alle domande di senso più profonde, ed è un’occasione che non dobbiamo sprecare: quella di avere orecchie e cuori desiderosi di “saziare” questa fame di senso; l’importante è avere qualcosa di significativo da dire!
L’altra osservazione è che abbiamo avuto l’opportunità di fare un passo in più sul campo del servizio e della carità come associazione, prendendo spunto da altre realtà associative, come l’AGESCI, con la sua spesa per anziani a domicilio: ma, per fragilità interne nostre e sicuramente non per mancanza di buona volontà, abbiamo alla fine scelto di non far partire alcuna iniziativa del genere. Questo ci ha fatto acquisire consapevolezza di quanto sia necessario impegnarsi per crescere nel settore della carità e del servizio nei diversi campi del volontariato.
Qual è il programma per i prossimi anni?
In un periodo normale la nostra programmazione si sarebbe tenuta proprio in questi giorni, sfruttando il documento triennale che il centro nazionale stila abitualmente a seguito dell’assemblea elettiva nazionale e coniugandolo con gli orientamenti diocesani. Quest’anno tale assemblea non si è ancora svolta. Ci troviamo a dover programmare a breve termine. Sicuramente è nostra intenzione portare avanti il lavoro che ogni Settore ha in gioco già dallo scorso triennio. Il nostro impegno prioritario sarà sempre il servizio alle realtà parrocchiali in termini di formazione, per tutte le età. In particolare abbiamo molto a cuore la formazione dei responsabili e delle figure educative. Vorremmo fare in modo che l’A.C. costituisca, laddove è presente, un mezzo efficace per l’edificazione delle nuove Unità Pastorali. Crediamo che la nostra presenza in queste realtà possa essere davvero importante e vogliamo metterci in gioco per questo. Allo stesso modo sarà importantissimo continuare a tessere relazioni con ogni realtà diocesana, ad esempio, con altre realtà del mondo associativo cattolico ferrarese sulla politica e il bene comune.
Come accennato, poi riteniamo sia ineludibile l’impegno sempre maggiore dei nostri aderenti in attività concrete di volontariato e carità: deve diventare non “una cosa in più da fare” ma il risvolto naturale di vivere la propria fede nella quotidianità. Altra priorità è potenziare l’area “famiglia”: stiamo ragionando sulla possibilità di provare a fare questo attraverso la costruzione sperimentale di un tavolo “trasversale” fra i settori, che copra un po’ tutte le fasi di vita dei componenti. Infine, i movimenti d’ambiente: il MSAC (Movimento studenti di Azione Cattolica) è una realtà piccola ma effervescente che cercheremo di curare, pensando in prospettiva alla rifondazione della FUCI e alla nascita del MLAC (Movimento Lavoratori).
Il Convegno del Settore Adulti, spostato a novembre, sarà dedicato a Giuseppe Lazzati, figura importante…
Sì, era stato pensato proprio per dare risalto ad una figura presentata dal nostro Arcivescovo nella sua Lettera pastorale. Un testimone di forte impatto, con una visione originale della vocazione laicale. Per questo siamo stati costretti a posticipare il convegno ma ci teniamo tantissimo alla sua realizzazione. Il 14 novembre ci aspettiamo un grande afflusso di partecipanti.
Infine, che sfide attendono l’AC diocesana, e quali saranno le più importanti?
Credo che la sfida più importante sia concepire tutte le suggestioni citate in precedenza in ottica e in chiave missionaria, non auto-conservativa. Ciò implica quel cambio di paradigma sollecitato da Papa Francesco in Evangelii Gaudium, che corrisponde ad una vera e propria conversione, spirituale e pastorale (sollecitata con forza anche dal nostro vescovo Gian Carlo). L’emergenza COVID ha contribuito a creare situazioni nelle quali “sperimentarci” in campi nuovi e pensarci come “comunità di comunità”. Questo è un esempio. Quanto citato in precedenza penso sia centrale e decisivo per i prossimi anni.
Andrea Musacci
Pubblicato su “la Voce di Ferrara-Comacchio” del 26 giugno 2020