Sono poco più di 100 gli insegnanti di religione cattolica nella nostra Diocesi, un numero non altissimo. Una riflessione
di mons. Vittorio Serafini*
La sempre breve ricreazione estiva è finita. Inizia per bambini, ragazzi, giovani, docenti e genitori un nuovo anno di scuola. È questa una ulteriore opportunità, un prezioso capitale di tempo, di energia e di lavoro per tutti.
La scuola è sì sinonimo di sacrificio ed impegno, ma è anche la grande occasione per potere costruire una propria personalità robusta e resistente, adatta ad affrontare le emergenze della vita. Malcom X scriveva che «la scuola è il nostro passaporto per il futuro, poiché il domani appartiene a coloro che oggi si preparano ad affrontarlo» Personalmente è il quinto anno che vengo chiamato ad esercitare il ruolo di direttore dell’Ufficio Insegnamento Religione Cattolica (IRC) dell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio. In precedenza avevo ricoperto per 27 anni il ruolo di preside in tre scuole private diocesane. Da sempre sono convinto di quello che afferma Michele Serra: «Non curare la scuola è come dimenticare di innaffiare l’orto o di rifare il letto». Sono anche dalla parte di Franklin D. Roosvelt quando scriveva come presidente degli Stati Uniti: «La scuola deve essere l’ultima spesa su cui uno stato è disposto ad economizzare».
Detto questo, fra le materie della scuola esiste l’insegnamento della religione cattolica, un importante momento di educazione alla responsabilità ed alla solidarietà, un’occasione per aprirsi al senso religioso della vita. Devo aggiungere che negli ultimi tempi, più che occuparmi di alunni, debbo seguire gli insegnanti di religione cattolica e debbo confidare che non è cosa facile. Credo che tutti siano al corrente che la materia “religione cattolica” è per legge materia facoltativa. Ciò significa che non è possibile stabilire in anticipo il numero di insegnanti di cui, anno per anno, ci sarà bisogno. Diversi fattori cambiano sempre le carte in tavola. Il primo è da attribuire sicuramente al “diritto di avvalersi o non avvalersi”. Il secondo è legato alla notevole crescita del numero degli alunni figli di immigrati non cattolici (e neppure cristiani), i quali, ovviamente, non si avvalgono di questo insegnamento. Il terzo fattore, almeno per la provincia di Ferrara, è il calo vistoso della natalità che ha portato alla diminuzione di bambini, ragazzi e giovani. Stando così le cose, un direttore IRC vorrebbe, se non assumere, almeno mantenere in organico il numero di insegnanti di religione o assegnare lo stesso numero di cattedre o di ore dell’anno precedente. Attualmente nella nostra Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio sono impegnati nell’insegnamento della religione cattolica poco più di cento docenti. Non si è certamente con l’acqua alla gola, ma ultimamente risulta chiaro che non si hanno più “abilitati” in panchina ed è da mettere in conto che qualcuno già in organico presto andrà in pensione. Non a tutti è sempre poi chiaro che gli insegnanti di religione cattolica, anche se sono pagati dallo stato, per potere essere assunti, hanno bisogno di avere e mantenere l’idoneità dell’autorità ecclesiastica. In pratica, chi decide di affidare loro il mandato è l’Ordinario Diocesano, cioè il vescovo della Diocesi in cui ha sede la scuola. Così stabilisce infatti il comma 1/d dell’art.. 2 del DPR. 751/1985: «L’insegnamento della religione cattolica è impartito…da insegnanti riconosciuti e idonei dalla competente autorità ecclesiastica…». Ripartiamo dunque con entusiasmo in questo nuovo anno, ma prima ho il dovere di rivolgere un caloroso invito alle parrocchie a tenere in debita considerazione, nei programmi pastorali per l’anno 2022-2023, sia l’insegnamento della religione cattolica, sia la possibilità di avviare giovani persone alla frequentazione di una qualche facoltà teologica per avere il titolo all’insegnamento della religione.
*Direttore Ufficio diocesano Insegnamento Religione Cattolica
Articolo pubblicato su “La Voce” del 9 settembre 2022
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