Di seguito il testo integrale della riflessione pronunciata stasera, 25 aprile, dal nostro Arcivescovo mons. Gian Carlo Perego durante la Veglia di preghiera in memoria di Papa Francesco, tenutasi nella Cattedrale di Ferrara
Cari fratelli e sorelle, cari presbiteri, questa sera vogliamo accompagnare nella preghiera il cammino verso la casa del Padre di Papa Francesco. Lo facciamo da questo angolo di terra, da questa Chiesa locale di Ferrara-Comacchio nella quale è presente la Chiesa universale, di cui il Papa è centro di unità, che presiede nella carità fino alla fine. Con Papa Francesco, questa sera, come scriveva nella Bolla del Giubileo, vogliamo ripetere “Credo nella vita eterna”, come “professa la nostra fede e la speranza cristiana” (Bolla giubilare 19). Con lui viviamo nell’ attesa del ritorno del Signore e nella speranza di vivere per sempre con il Signore”. Il cordoglio per la morte di Papa Francesco è stato unanime, anche se è inutile negare che, anche nella nostra Chiesa, alcuni durante il suo Pontificato hanno voltato le spalle a papa Francesco, hanno invitato a non accettare il suo Magistero e i suoi gesti; di più, hanno affermato che tradiva la fede e la Tradizione della Chiesa: l’unanime cordoglio, ma soprattutto la storia renderà ragione a Papa Francesco. La pagina delle Beatitudine evangeliche, che abbiamo riascoltato, ci offre un motivo per ‘rendere ragione della nostra speranza’. La commentiamo usando alcune parole dello stesso Papa Francesco, nell’esortazione Gaudete et exsultate, pubblicata nel 2018 e dedicata alla chiamata di tutti alla santità oggi, e nella consapevolezza – come scriveva in apertura papa Francesco- che “(Dio) ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente” (G.E.1). Nelle Beatitudini “si delinea il volto del Maestro, che siamo chiamati a far trasparire nella quotidianità della nostra vita” – scriveva papa Francesco – e lo ha dimostrato nella sua vita.
“Beati i poveri in spirito”. “Le ricchezze non ti assicurano nulla – ci ripete Papa Francesco. Anzi, quando il cuore si sente ricco, è talmente soddisfatto di sé stesso che non ha spazio per la Parola di Dio, per amare i fratelli, né per godere delle cose più importanti della vita. Così si priva dei beni più grandi. Per questo Gesù chiama beati i poveri in spirito, che hanno il cuore povero, in cui può entrare il Signore con la sua costante novità” (G.E. 68). “Essere poveri nel cuore, questa è santità” (G.E.70).
“Beati i miti”. “È un’espressione forte – scriveva Papa Francesco -, in questo mondo che fin dall’inizio è un luogo di inimicizia, dove si litiga ovunque, dove da tutte le parti c’è odio, dove continuamente classifichiamo gli altri per le loro idee, le loro abitudini, e perfino per il loro modo di parlare e di vestire. Insomma, è il regno dell’orgoglio e della vanità, dove ognuno crede di avere il diritto di innalzarsi al di sopra degli altri. Tuttavia, nonostante sembri impossibile, Gesù propone un altro stile: la mitezza” (G.E.71). “Reagire con umile mitezza questo è santità” (G.E.74).
“Beati quelli che sono nel pianto”. Quante volte abbiamo incontrato persone nel pianto. Anche Papa Francesco le ha incontrate. Purtroppo, – scriveva papa Francesco – “il mondo ci propone il contrario: il divertimento, il godimento, la distrazione, lo svago, e ci dice che questo è ciò che rende buona la vita. Il mondano ignora, guarda dall’altra parte quando ci sono problemi di malattia o di dolore in famiglia o intorno a lui. Il mondo non vuole piangere: preferisce ignorare le situazioni dolorose, coprirle, nasconderle. Si spendono molte energie per scappare dalle situazioni in cui si fa presente la sofferenza, credendo che sia possibile dissimulare la realtà, dove mai, mai può mancare la croce” (G.E.75). “Saper piangere con gli altri, questo è santità” (G.E.76)
“Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia”. “La realtà ci mostra quanto sia facile entrare nelle combriccole della corruzione – scriveva Papa Francesco -, far parte di quella politica quotidiana del “do perché mi diano”, in cui tutto è commercio. E quanta gente soffre per le ingiustizie, quanti restano ad osservare impotenti come gli altri si danno il cambio a spartirsi la torta della vita. Alcuni rinunciano a lottare per la vera giustizia e scelgono di salire sul carro del vincitore. Questo non ha nulla a che vedere con la fame e la sete di giustizia che Gesù elogia” (G.E. 78). “Cercare la giustizia con fame e sete, questo è santità” (G.E.79).
“Beati i misericordiosi”. “Gesù non dice “Beati quelli che programmano vendetta”, ma chiama beati coloro che perdonano e lo fanno «settanta volte sette» (Mt 18,22) – scriveva Papa Francesco. Occorre pensare che tutti noi siamo un esercito di perdonati. Tutti noi siamo stati guardati con compassione divina. Se ci accostiamo sinceramente al Signore e affiniamo l’udito, probabilmente sentiremo qualche volta questo rimprovero: «Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?» (Mt 18,33)” (G.E.82). “Guardare e agire con misericordia, questo è santità” (G.E.82).
“Beati i puri di cuore”. “Questa beatitudine si riferisce a chi ha un cuore semplice, puro, senza sporcizia – scriveva Papa Francesco -, perché un cuore che sa amare non lascia entrare nella propria vita alcuna cosa che minacci quell’amore, che lo indebolisca o che lo ponga in pericolo. Nella Bibbia, il cuore sono le nostre vere intenzioni, ciò che realmente cerchiamo e desideriamo, al di là di quanto manifestiamo: «L’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore» (1 Sam 16,7) (G.E. 83). “Quando il cuore ama Dio e il prossimo (cfr Mt 22,36-40), quando questo è la sua vera intenzione e non parole vuote, allora quel cuore è puro e può vedere Dio…Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore, questo è santità” (G.E.86).
“Beati gli operatori di pace”. “Non è facile costruire questa pace evangelica che non esclude nessuno – scriveva Papa Francesco -, ma che integra anche quelli che sono un po’ strani, le persone difficili e complicate, quelli che chiedono attenzione, quelli che sono diversi, chi è molto colpito dalla vita, chi ha altri interessi. È duro e richiede una grande apertura della mente e del cuore, poiché non si tratta di «un consenso a tavolino o [di] un’effimera pace per una minoranza felice», né di un progetto «di pochi indirizzato a pochi». Nemmeno cerca di ignorare o dissimulare i conflitti, ma di «accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo». Si tratta di essere artigiani della pace, perché costruire la pace è un’arte che richiede serenità, creatività, sensibilità e destrezza” (G.E.89). “Seminare pace intorno a noi, questo è santità”.
“Beati i perseguitati per la giustizia”. “Le persecuzioni non sono una realtà del passato, perché anche oggi le soffriamo, sia in maniera cruenta, come tanti martiri contemporanei, sia in un modo più sottile, attraverso calunnie e falsità. Gesù dice che ci sarà beatitudine quando «mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia» (Mt 5,11). Altre volte si tratta di scherni che tentano di sfigurare la nostra fede e di farci passare per persone ridicole” (G.E. 94). “Accettare ogni giorno la via del Vangelo nonostante ci procuri problemi, questo è santità”.
Abbiamo riletto le Beatitudini che papa Francesco non solo ha commentato, ma ha anche vissuto in prima persone. Papa Francesco è stato il Papa delle beatitudini. E’ un tesoro di riflessioni e di gesti, quello che Papa Francesco ci lascia, per guidare il nostro stile di vita personale ed ecclesiale, soprattutto il nostro impegno sociale. E voglio concludere con queste parole di Papa Francesco: “Nocivo e ideologico è anche l’errore di quanti vivono diffidando dell’impegno sociale degli altri, considerandolo qualcosa di superficiale, mondano, secolarizzato, immanentista, comunista, populista. O lo relativizzano come se ci fossero altre cose più importanti o come se interessasse solo una determinata etica o una ragione che essi difendono. La difesa dell’innocente che non è nato, per esempio, deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo. Ma ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella miseria, nell’abbandono, nell’esclusione, nella tratta di persone, nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove forme di schiavitù, e in ogni forma di scarto. Non possiamo proporci un ideale di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo, dove alcuni festeggiano, spendono allegramente e riducono la propria vita alle novità del consumo, mentre altri guardano solo da fuori e intanto la loro vita passa e finisce miseramente” (G.E.101). Grazie papa Francesco.
(Foto grande in alto: Foto Calvarese/SIR)