«I MIEI DUE INCONTRI CON PAPA FRANCESCO»

«Ho avuto il piacere di incontrare Papa Francesco diverse volte, ma quelle che ricordo con maggior affetto sono le due in cui ho prestato servizio diaconale durante due celebrazioni da lui presiedute in San Pietro, il 31 dicembre 2015 e l’Epifania 2017». Così racconta alla “Voce” il diacono olivetano Emanuele M. Pirani, Cerimoniere Arcivescovile della nostra Chiesa locale. «Al termine di una celebrazione – prosegue Pirani – il Santo Padre Francesco salutava e stringeva la mano a tutti con grande affetto. Una volta mi sono intrattenuto con lui per consegnargli una lettera e abbiamo riso e scherzato sulla situazione degli olivetani nel mondo, sul fatto che ormai si contavano sulla punta delle dita… ha concluso dicendo:”preghiamo per le vocazioni alla vita religiosa, sono importanti!”. Ringrazio il Signore per averci dato un Papa così speciale, il terzo della mia vita, il suo magistero resterà un modello e un esempio».

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«SANTO PADRE, LE DONO IL MIO LIBRO!»

di Michele Balboni

“Avanti”: non è il titolo di un quotidiano non più edito dal 1994, ma la parola che incarna la figura di Papa Francesco secondo il suo ultimo biografo Carlo Musso, con il libro “Spera”. 

Così dobbiamo pensare e credere noi, privati della sua terrena figura. Noi tutti: non credenti simpatizzanti, cristiani praticanti, cattolici osservanti, uomini e donne di carità delle diverse fedi religiose.

«A Colui che ha salvato tante vite», era la dedica nel libro “La diva del tango”, da me scritto e a lui donato nell’Udienza generale del 17 dicembre 2014. La frase si riferiva alle tante persone salvate da Jorge Bergoglio allora Vescovo, fatte scappare dalla ferocia dittatura argentina degli anni 1976-1982. Quel mio libro raccontava di quel periodo. Quel giorno era il suo compleanno, compiva 78 anni. La piazza gremita vibrava nel suo abbraccio, molti venivano da là – da dove il  mondo è capovolto -; alla fine ballammo stretti e liberi per la strada, forse lui dalla sua finestra lassù ci guardava. Dei miei 67 anni, è stata una delle giornate più belle. 

Dieci anni dopo, Udienza papale del 4 dicembre 2024, gratificato da una posizione vicina, ho potuto porgere direttamente il libro (foto, ndr): «Santo Padre, Santo Padre! Un libro su Evita !». Un cenno alla guardia del corpo e il libro viene raccolto: «Al Santo Padre, onorato di poterle omaggiare “EVITAmia – Il tango di Eva Peron”. Mons. Gian Carlo Perego di Ferrara che mi ha gratificato con un suo pregevole contributo, l’ha definita “donna di carità”. Evita abbracciava la sua gente come se fosse un tango; mi consenta – Lei – un abbraccio virtuale, tramite questo mio libro». 

Il volume sul comodino di Santa Marta? Non credo. Chissà. 

Resta – in questo giorno di falso sole – l’invito e l’impegno del titolo: andare avanti a pregare, a invocare la pace, ad aiutare chi ha bisogno. Ciascuno come può, io scrivendo.

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GRANDI SPERANZE : IL RACCONTO DA ROMA DELL’ELEZIONE NEL 2013

Di seguito, pubblichiamo l’articolo che il giornalista Alberto Lazzarini, collaboratore del nostro Settimanale, ha scritto nel 2013 in occasione dell’elezione di Papa Francesco:

«Grandi speranze. Basate sui fatti. L’elezione di Jorge Mario Bergoglio è destinata a produrre un grande cambiamento nella Chiesa.

Ieri ero presente a quella cerimonia tanto importante quanto suggestiva dell’uscita del nuovo Papa dal balcone della basilica di San Pietro. Con alcuni colleghi (avevamo appena terminato una riunione del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti) ero su un taxi diretto “al buio” proprio Oltretevere quando ci è giunta la notizia della fumata bianca. Pochi minuti dopo, e superando un traffico caotico ma ancora gestibile, abbiamo raggiunto la grande piazza dove già stazionavano alcune migliaia di persone. Ma piazza San Pietro è talmente grande…

Vicino a noi bandiere e canzoni, fari, maxi schermi e telecamere da ogni dove, gente da ogni nazione, compreso un gruppetto di ragazze argentine che al nome di Bergoglio hanno cominciato a saltare e urlare piene di gioia.

Una sorpresa, dunque. Ma “soltanto” sul nome. Si sapeva che era probabile una nomina un po’ fuori dagli schemi, indirizzata su alcuni temi specifici ormai improcrastinabili. Fra questi spiccava una riorganizzazione, chiamiamola così, in modo laico, della Curia, che va sburocratizzata depurandola dalle tante incrostazioni. Occorreva poi un cambio di marcia verso il sud del mondo, e dei tanti poveri, quello dove i cristiani sono talmente numerosi che costituiscono la fetta maggioritaria sul totale generale del mondo. E ancora: occorreva e occorre una nuova evangelizzazione del mondo Occidentale, dove l’uomo tecnologico deve essere capito nel cambiamento ma accompagnato anche secondo modalità innovative, sostenuti dai nuovi media e dai nuovi social network.

I primi gesti del nuovo Papa vanno in questa direzione: ha subito pregato con il suo popolo; non solo: ha anche voluto che il popolo espressamente pregasse per lui, segno di come intende la Chiesa, cioè il “popolo di Dio”. In quegli attimi di silenzio-preghiera si è forse avvertita la solennità del momento, l’arrivo del vento del cambiamento, un cambio di un’epoca. Perché così sarà.

Il mondo – cristiani e non – hanno un enorme bisogno di guide spirituali, di grandi valori, di autentici fari. Ne hanno bisogno, come già accennavo, sia il derelitto sud del mondo, sia il grasso e contraddittorio Occidente.

È dunque l’ora di Francesco. Il nome scelto dal papa italo-argentino (ma la nazionalità c’entra poco a proposito di pontefice, soprattutto oggi) rafforza la lettura di un papato orientato alla semplicità, all’essenzialità, alla difesa dei deboli ma anche al dialogo – lo faceva il poverello di Assisi – con la parte opulenta della società, con gli altri cristiani, con i non cristiani.

Un nuovo capitolo della storia della Chiesa e dell’uomo è dunque iniziato. Papa Bergoglio è chiamato ad un compito oggettivamente arduo. Avrà bisogno del sostegno di tutti i cristiani autentici e di tutti gli uomini di buona volontà».

 

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«PONTE DI UNITÀ ANCHE NELLA MORTE»

«Lunedì, man mano che le persone delle mie comunità si svegliavano, mi inviavano messaggi e audio pieni di stupore, commozione, ma anche di gratitudine per questo dono che Dio aveva fatto alla Chiesa attraverso la vita ed il ministero di Francesco». Così don Emanuele Zappaterra, nostro sacerdote in missione in Argentina, ci racconta come la gente di Papa Bergoglio ha reagito alla sua morte.

«Mi trovavo in Ceibas, come tutti i primi giorni della settimana. E all’uscita di casa per recarmi alla scuola parrocchiale, i cattolici che incontravo mi abbracciavano e commossi mi chiedevano se avrei celebrato la Messa per l’eterno riposo del Papa. Ma anche molti appartenenti alle Chiese evangeliche si avvicinavano e mi facevano le condoglianze. Ciò mi ha lasciato davvero stupito. Francesco, ponte di unità anche nella morte». La Messa di oggi – prsoegue don Emanuele il 21 -, «celebrata nel salone di Caritas come ogni lunedì, ha raccolto molta gente. E in tanti mi han detto che a Francesco sarebbe piaciuto così, cioè aver scelto il luogo della carità, da cui passano tutti, e non la chiesa, dove si riuniscono solo i pochi cattolici praticanti. La mia gente – conclude don Emanuele – mi insegna a non guardare al vuoto che Francesco lascia, ma al legado (consegna) che ci ha lasciato.

“Adesso padre dobbiamo pregare assieme a Francesco per il nuovo Papa”, mi ha detto una persona. Già, perché la Speranza ti fa vedere oltre, más allá.

¡Feliz Pascua Francisco!».

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LE LACRIME DEI POVERI  SONO QUELLE SINCERE

Nel marzo ’22, Roberto Marchetti, fondatore a Ferrara dell’Associazione badanti “Nadiya”, ci aveva raccontato la storia di padre Bachi (Padre Basilicio Brítez), morto nel 2020, parroco di San Rocco Gonzalez e Compagni Martiri del quartiere Almafuerte – noto come Villa Palito o “La Matanza” –, padre e compagno degli ultimi in questa zona misera e violenta di Buenos Aires. Avendo sposato una donna argentina, Marchetti conosce bene il Paese che ha dato i natali a Bergoglio. «Oggi in Argentina – ci spiega il 21 aprile -, gli unici realmente addolorati dalla dipartita di Francesco, saranno i poveri e gli emarginati delle Villa Miseria, oltre ai “preti villeros” che hanno scelto di vivere non nelle parrocchie di gente realizzata e medio borghese, ma di vivere a contatto, e inseriti nel mondo che tanto ha amato, e seguito, Papa Francesco: appunto, la villa miseria e le baraccopoli, che trovano nei “preti villeros” la giusta maniera di professare una cristianità che vada alla riscoperta del Vangelo vissuto, in mezzo ai disagi e alle debolezze delle persone, ma che vive nella fede, un lumino di speranza per un mondo migliore, o di sopravvivenza in mezzo a tanto disagio».

Articoli pubblicati su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 25 aprile 2025

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