Alla “Voce” Giannelli (Laboratorio Nonfarmale) illustra nel dettaglio le operazioni che hanno riportato l’opera databile tra la fine del XIV ed inizio XV secolo al suo splendore originario.Con alcuni aneddoti e curiosità
di Giovanni Giannelli*
Nell’ambito del programma di recupero dell’apparato decorativo della cappella laterale nord della chiesa di Santa Maria a Pomposa, è stato ultimato anche la restituzione del prezioso crocifisso ligneo policromo databile tra la fine del XIV ed inizio XV secolo. L’intervento, complesso ed articolato, è stato condotto presso il Laboratorio di restauro Ottorino Nonfarmale di Bologna, con la supervisione della Direzione Musei dell’Emilia Romagna e un nutrito comitato scientifico ministeriale.
Le condizioni conservative del manufatto erano oltremodo critiche sia per i numerosi sollevamenti della pellicola pittorica delle tre differenti stesure cromatiche applicate nei restauri pregressi, confermate dalle indagini microchimiche eseguite, sia per il viraggio cromatico della patinatura applicata nel XIX secolo.
Le prime operazioni condotte hanno riguardato la disinfestazione dei biodeteriogeni e il consolidamento della pellicola pittorica, cui sono seguite varie fasi operative finalizzate al recupero della cromìa primorinascimentale, ottenuta grazie ad un’attenta e graduale pulitura e alla rimozione degli strati soprammessi applicati su preparazioni di natura gessosa.
L’eliminazione delle ridipinture posteriori ha permesso altresì di restituire la fruizione dei contenuti stilistici e semantici dell’opera originaria; infatti sono stati recuperati sia l’espressività del volto del Cristo data da dettagli molto raffinati, sia l’aspetto della veste, offuscata da pesante ridipintura monocroma, sia i flutti di sangue realizzati con una coloritura vibrante accentuano la drammaticità della figura del Cristo.
Le parti terminali delle dita, lacunose a causa dell’attacco xilofago, sono state integrate formalmente per riconfigurare la parte anatomica e integrate cromaticamente al fine di riconsegnare una lettura bilanciata della scultura.
L’intervento ha anche permesso di verificare alcuni aspetti propri della tecnica realizzativa del modellato come la grande cavità rilevata sulla parte posteriore del costato, chiusa da una tela di canapa chiodata e incollata al supporto ligneo e verosimilmente realizzata per alleggerire la scultura a grandezza naturale. Un’altra singolarità è rappresentata dal sistema di ancoraggio del Cristo alla croce risolto da un unico grande gancio metallico posizionato sul retro, invece che con il più usale fissaggio a mezzo di chiodatura delle mani e dei piedi.
Anche la massiccia croce di supporto risultava modificata da un intervento di restauro, probabilmente ottocentesco, che ha apportato modifiche alla configurazione dell’oggetto come la stesura di una spessa ricolorita, rimossa recuperando la cromìa originale, oltre che a numerosi accessori, invece mantenuti nel restauro odierno perché oramai ritenuti storicizzati.
Alla conclusione delle operazioni di restauro il complesso scultoreo è stato ricollocato in opera all’interno della nicchia ricavata e evidenziata da un motivo decorativo, realizzato per dare risalto all’opera nel corso delle modifiche ottocentesche che il complesso architettonico ha subìto.
* Direttore lavori restauro crocifisso
Articolo pubblicato su “La Voce” del 16 settembre 2022
Abbonati qui alla nostra rivista!