Da universitario, si unì ai resistenti ferraresi che liberarono la città. Un aneddoto del 23 aprile 1945 e la vita nel dopoguerra, tra Democrazia Cristiana e FUCI
di Andrea Rossi
Nel primo mattino del 24 aprile 1945 un gruppo di giovani in borghese, con una fascia tricolore al braccio, si radunava sotto i portici di Palazzo Bevilacqua, armati alla meno peggio, pronti a occupare le caserme da cui erano appena fuggiti fascisti e tedeschi; fra loro Giorgio Franceschini e Carlo Bassi, animatori di un “fronte clandestino” di ispirazione cattolica, costituito nell’ultimo inverno di guerra. Li raggiunse dopo poco un altro universitario, che Franceschini ricordava così: «mentre albeggiava ci raggiunse uno strano figuro, vestito a metà tra il cacciatore, con le cartuccere a tracolla, e un cappello di foggia mai vista; gli dissi – “Nando! Ma sei matto! Se ti vedono conciato così i tedeschi ti sparano a vista” -; Nando rispose “È una insurrezione! Mi sono vestito da insorto!”». Il “Nando” del racconto è Ferdinando Manfrini, che venerdì 30 settembre ha compiuto 100 anni, ed è l’unico rimasto di quella sparuta pattuglia di giovani democristiani che, a modo loro, parteciparono alla liberazione di Ferrara, occupando i punti strategici della città in attesa dell’arrivo degli Alleati.
Nato in una famiglia di origini comacchiesi, ma da generazioni residente in città, Nando Manfrini crebbe in un ambiente che favorì gli incontri con altri che, come lui, intendevano proseguire l’esperienza dell’Azione Cattolica anche durante il regime fascista. L’amicizia con Franceschini si cementò durante il secondo conflitto mondiale, al quale partecipò come volontario nella protezione antiaerea, per un difetto alla vista che impedì il servizio militare. In quella veste fu spettatore dell’orrore dei bombardamenti aerei che devastarono il capoluogo nell’inverno 1943-’44, e dei quali ricordava soprattutto le centinaia di morti, spesso rinvenuti sepolti dentro ai rifugi antiaerei o negli scantinati delle case; fu in questo periodo tragico che maturò la decisione di unirsi al gruppo di resistenti che aveva iniziato a trovarsi, con molta accortezza, nell’Arcivescovado di Ferrara, e che ebbe un ruolo non marginale nei giorni della liberazione.
Nel dopoguerra, Manfrini partecipò alla costituzione della Democrazia Cristiana ferrarese, e fu tra i primi iscritti della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI) di Ferrara. La vita familiare e professionale lo allontanarono successivamente dalla politica, ma “Nando” rimase attivo per anni nel mondo dell’associazionismo ferrarese.
Oggi, lucido e in salute, raggiunge un traguardo importante, circondato dall’affetto dei figli, dei nipoti, e del bisnipote, a cui il nonno spesso racconta fatti lontani, ma ancora vivi e presenti nella sua memoria di testimone di un pezzo di storia ferrarese.
Articolo pubblicato su “La Voce” del 7 ottobre 2022
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