Parroco di Rero, sabota il reclutamento e aiuta il CLN. Arrestato, il Vescovo lo fa andare in Piemonte. Ecco la storia mai raccontata del suo dopoguerra in Toscana e le lettere inedite di mons. Bovelli

di Paolo Gioachin

Mons. Bovelli ebbe un ruolo decisivo per la vita di molti sacerdoti ferraresi. Ne è un esempio la vicenda di don Gino Lazzari: intercesse per la sua vita quando le autorità della Repubblica Sociale Italiana scoprirono che il sacerdote apparteneva al Comitato di Liberazione Nazionale.

La vicenda di don Gino è stata da poco tempo riportata alla luce dalle intricate trame del dopoguerra, e forse non è ancora nota come meriterebbe. Nato a Ro ferrarese nel 1908, durante la guerra fu parroco del paese di Rero, vicino a Tresigallo. Negli anni dell’occupazione nazifascista, collaborò a sabotare il reclutamento militare con l’aiuto di medici dell’ospedale ferrarese che somministravano farmaci, per rendere inidonei i chiamati alla leva. Oltre a questo, l’8 novembre 1944 vennero scoperte anche le sue attività militari a sostegno del CLN. Le prove materiali stavano nella sua canonica dove venne trovato un arsenale di armi. Per dare un’idea di quanto don Gino rischiò, basti pensare che un altro membro del gruppo, Giuseppe Franceschini, fu ucciso nell’Eccidio del Doro il 17 novembre 1944. Don Lazzari, arrestato pochi giorni prima, non venne prelevato dal carcere. Fu messo in libertà il 27 novembre 1944, con l’obbligo di lasciare la provincia di Ferrara e mantenere una buona condotta politica. Si trasferì frettolosamente a Torino, trovando rifugio in una comunità religiosa. 

Le date, i giorni, che abbiamo appena citato sono cruciali per comprendere quanto fosse alta la posta in gioco. Un anno dopo, don Lazzari scrive da Torino queste parole indirizzate al Vescovo: «Dimenticavo di ringraziare Vostra Eccellenza Reverendissima per quanto ha fatto per me, specialmente un anno circa a questa parte quando mi trovavo nelle mani della giustizia umana. Io tutto ricordo come fosse così oggi. Grazie, Eccellenza, ed il Signore gliene renda il merito».

Nell’Archivio Storico diocesano di Ferrara è conservata questa lettera insieme ad altre che don Lazzari inviò al suo Vescovo dopo la partenza, tutte scritte a guerra finita. Da queste missive si intuisce che don Gino venne aiutato dal presule a gestire una situazione complessa, che lo stava portando al suo allontanamento definitivo da Ferrara.

Da Torino, il 28 febbraio 1946, il sacerdote ferrarese scrive: «Vostra Eccellenza nella Sua [lettera] non mi parla del come devo comportarmi con quell’Ordinario in merito al passato. Ciò mi offrirà un motivo per passare da Vostra Eccellenza prima di recarmi al nuovo posto destinatomi, nonostante fosse molto più comodo andare per Genova».

«Rimane poi deciso che io romperò i ponti con chiunque del Ferrarese, eccettuato don Giuliani, e solo lui. Per questi di Torino che mi conoscevano io torno nel ferrarese per quelli del ferrarese io sono ancora a Torino con recapito a casa mia. Così sarà chiusa la strada a chi desiderasse farmi del male, mettendomi in mala parte presso il nuovo Superiore».

Mons. Bovelli, in accordo con il Vescovo locale, indirizzò don Gino a Piombino dove alloggerà presso la Confraternita della Divina Misericordia e lavorerà come insegnante. Si intuisce che continuerà il suo ministero sacerdotale. Quindi: via da Ferrara, ma non per motivi vocazionali.

A colorare il quadro della situazione vi è una lettera del 22 marzo 1946 di don Giuliani a mons. Bovelli. In questa si parla di don Gino con questi termini: «manifesta uno spirito molto depresso, avviluppato in un ginepraio inestricabile, in cui non si scorge modo o via d’uscita».

In un’altra lettera don Gino stesso, parlando della sua situazione passata, si esprime in termini di «umiliazione» ed «espiazione».

È possibile che la prudenza indichi l’allontanamento, come antidoto agli strascichi delle violenze e delle ritorsioni verso il sacerdote, così in prima linea nelle azioni della Liberazione. Di questo non vi è certezza ma solo ipotesi, partenza per future ricerche storiche.

Fatto è che il 19 dicembre 1948 il Settimanale cattolico Fides di Livorno, oggi conservato nello stesso fascicolo delle lettere, dedica quasi un’intera pagina a don Lazzari che finalmente trova una nuova collocazione pastorale stabile a Rio Marina nell’Isola d’Elba. Tutte le autorità lo accolgono festose in una parrocchia che lo vedrà attore per moltissimi anni, fino al 1988, così benvoluto che recentemente è stata dedicata una piazza alla sua memoria.

Don Gino tagliò i ponti nettamente con Rero tanto che non passò a recuperare di persona neanche la sua biancheria e i suoi oggetti sacri, e addirittura in Toscana si fece conoscere con il suo primo nome: non più Gino, ma Mario.

I toni delle lettere di don Lazzari e gli sviluppi della sua vicenda fanno emergere un tono schiettamente paterno di mons. Bovelli, a cui rivolgersi con fiducia e franchezza, sicuri di avere completa comprensione.

Una nota di confidenza tra i due si ha quando scrive al Vescovo il 23 aprile 1946: «Con sommo piacere sui giornali di Torino leggo la bella notizia della ben meritata onorificenza riconosciutaLe per quanto ha fatto nel periodo di dominio nazi-fascista e faccio voti che il nuovo titolo di “Primo Partigiano del Ferrarese” Le serva per fare del gran bene ancor oggi in cui il mondo è ancor tanto sconvolto».

 

(Foto: Asilo delle suore, Rio Marina, 4 dicembre 1968: l’on. Erisia Gennai Tonietti, Sindaca di Rio Marina e Giuseppe Leonardi, vice Sindaco, conferiscono a don Gino Lazzari, parroco di Rio Marina, la croce di cavaliere)

Pubblicato sulla “Voce” del 14 giugno 2024

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