L’Editoriale della “Voce” del 6 settembre 2024

di Andrea Musacci

Anche quest’estate si avvia alla conclusione, riconsegnandoci al lavoro, allo studio, alle attività di ogni giorno, nel vortice frenetico del quotidiano. La vacanza si spera sia stata tempo di riposo, svago, distacco – per quanto possibile – dalle ansie e dalle fatiche “feriali”.

Detto ciò, sappiamo bene che ogni momento dell’anno può essere, per il cristiano, proficuo per cercare di incarnare quanto più possibile il Vangelo. Lo raccontiamo su questo primo numero dopo la pausa estiva: i campi dei giovani e degli adulti, il grande raduno degli Scout a Verona, la Settimana Sociale a Trieste…E ora, come da tradizione tra fine estate e inizio autunno, il Tempo del Creato, mentre dal 2 al 13 il Santo Padre è impegnato in un faticoso viaggio in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Lest e Singapore.

IL SIGNORE UNICA GUIDA 

Ma per essere «sale della terra» e «luce del mondo» – e non insipidi attori in uno spettacolo deciso da altri, timide ombre fra le tante -, i cristiani mai debbono dimenticare di essere nel mondo ma non del mondo, chiamati a portare una voce alternativa, evangelicamente scandalosa (nel nostro piccolo, è ciò che proviamo a fare anche come Settimanale diocesano). Non abbiamo scelta se non vogliamo dissolverci nella chiacchiera del mondo, finire alla mercé dei potenti di turno.

«Non è possibile essere realmente cristiani al di fuori della realtà del mondo, e non si dà alcuna autentica esistenza nel mondo al di fuori della realtà di Gesù Cristo», scriveva Bonhoeffer nella sua Etica.

Essere in Cristo significa – come diceva don Tonino Bello – essere «servi del mondo», non nel senso di sottomessi alle sue logiche ma di attivi nell’amore alle donne e agli uomini che ci è dato incontrare, vicini e lontani. Servi autentici nell’amore perché servi di Dio.

Un altro presbitero che tanto è stato «sale» e «luce» in questo mondo, don Giuseppe Dossetti, ammoniva (1) con veemenza sui rischi dei credenti dell’«autocompiacenza e di un senso di sicurezza e di fiducia che non sia in Dio solo». Per far ciò – proseguiva poi -, per vivere dentro la città in maniera autentica, i cristiani «non ricorrano a dei mezzi umani (…) grotteschi e disperanti» ma «vivano l’inenarrabile avventura di essere sanati, illuminati e guidati (…) dall’Amore trinitario».

Buona ripartenza.

 

(1) Relazione al Congresso Eucaristico diocesano, Bologna, 1987

 

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