Roberto Pazzi, la fede e il tipico «quietismo» dei ferraresi. Un ricordo originale dello scrittore recentemente scomparso
di Francesco Paparella
Il prof. Roberto Pazzi ci ha lasciato in questi giorni e la memoria è andata ad un suo articolo su “Il Resto del Carlino” del 4 novembre 1995 che mio padre aveva conservato e che aveva fotocopiato e distribuito a tutte le persone a lui care, come spesso faceva quando trovava un articolo che gli sembrasse significativo o nel quale si identificava.
Fu scritto in occasione dell’entrata a Ferrara dell’Arcivescovo Carlo Caffarra ed è una lucida fotografia di Ferrara e dei suoi abitanti. Il prof. Pazzi esordisce affermando come fosse «convinto che chi non è sensibile alla preghiera non lo sarà nemmeno alla poesia», quasi a voler sottolineare il suo costante, difficile, ma radicato rapporto con la Fede che spesso ricorre nei suoi romanzi e nella sua opera. Per presentare Ferrara al nuovo Arcivescovo, Pazzi ritornò ad «alcune forti figure», certamente consolidate, come il Beato Giovanni da Tossignano, il senatore Giovanni Grosoli, Mons. Bovelli, per poi invece soffermarsi su figure meno ovvie all’epoca come Padre Marcello dell’Immacolata e «umili religiose come Suor Maria Veronica», anticipando così due figure all’epoca meno all’attenzione dei più e che oltre vent’anni dopo completeranno l’iter per la prima fase del processo che potrebbe portare alla loro canonizzazione.
Ma è nel descrivere la città che il prof. Pazzi dimostra tutta la sua capacità di analisi e di identificazione anche delle sfumature definendola: «non facile da amare» e di come lo «spirito d’iniziativa qui venga accolto spesso con un sorriso che subito si corrompe in maschera d’indifferenza. V’è una cautela di vivere nella psiche ferrarese che pare accogliere fedi e utopie come attentati al suo quietismo». Prosegue il prof. Pazzi: «Ieri al gerarca, oggi al Sindaco (all’epoca Roberto Soffritti – N.d.A.), il ferrarese ha concesso la stessa maschera del consenso universale che lo lasciasse in pace, per attendere tranquillo ai tiepidi riti familiari… . Scetticismo, apatia, indifferenza attende chi si distingue in bene o in male… . Non si sfugge alla sensazione che tale sindrome sia costante da secoli, nata con l’autocrazia estense, coltivata dall’inerzia dei governi pontifici, raccolta in eredità dal regno unitario» e si potrebbe continuare con il consenso di massa concesso al fascismo prima e al comunismo poi, che porteranno «a disertare la responsabilità personale, il consenso davvero individuale, delegando la guida del proprio destino».
Un’analisi franca, schietta e condivisibile pur nella sua pessimistica visione della capacità di superare questi limiti atavici radicati nella storia della Città a cui difficilmente si può dare torto e che si conclude con un auspicio affinché la fede cristiana possa superare quella «naturale tiepidezza morale, un’antica attenzione più all’estetica e all’edonismo che all’etica».
Con la morte del prof. Pazzi, tanto caro ad un’intera generazione di studenti che ancora lo ricordano ai tempi dell’insegnamento presso il Vincenzo Monti, si spegne la voce di uno scrittore e poeta che ha profondamente amato Ferrara eleggendola luogo ideale per la sua arte e fonte di poesia, pur non nascondendone difetti e limiti, spesso contraccambiato sia dai suoi concittadini che dalle istituzioni.
Pubblicato sulla “Voce” del 15 dicembre 2023
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