L’anno fatidico sarebbe il 1463, quando a Bondeno due tedeschi danno vita una società: sono il cappellano della pieve don Paolo Moerich, già domenicano e poi canonico regolare, e Ulrico Pursmid di Paisbeil. Dei testi stampati, rimarranno le Meditazioni sulla Passione di Cristo. Ecco cosa accadde in quei due mesi

di don Enrico Peverada

Da un paio d’anni sono stati rimessi in circolazione due studi riguardanti la storia “culturale” di Bondeno: sono essi raccolti, con altri, nel volume di Piero Scapecchi Il lavoro del bibliografo. Storia e tecnica della tipografia rinascimentale, Firenze, Olschki, 2023. L’insigne Studioso vi ha rieditato Subiaco 1465 oppure [Bondeno 1463?]. Analisi del frammento Parsons-Scheide, uscito nel 2001 in «La Bibliofilia» (a. 103), e Il frammento Parsons-Scheide e gli inizi della tipografia in Italia, pubblicato nel 2014 in «Analecta Pomposiana» (a. 39).

DUE TEDESCHI E UN BEL PO’ DI LAVORO 

All’origine di queste sue ricerche sta un paio di documenti stilati a Bondeno nel 1463, il 21 febbraio e il 27 aprile, resi noti in uno studio del 1994, da me pubblicato in «Analecta Pomposiana» (a. 19): Dalla xilografia alla stampa tra Bondeno e Ferrara. Le due date, tra loro vicinissime, segnano la costituzione e lo scioglimento di una società tra due tedeschi: il cappellano della pieve don Paolo Moerich, già domenicano e poi canonico regolare, e Ulrico Pursmid di Paisbeil. Il primo si offre di ospitare Ulrico, fornendolo anche di vari capi di vestiario; il secondo promette di fare con suoi stampi due immagini “medie” in bassorilievo di terracotta della Vergine con il Bambino e della Pietà. Inoltre si impegna a realizzare cum formis un Donato, un Salterio per bambini e una Tavola – una sorta di abecedario – anch’essa per bambini: strumenti che, è il caso di osservare, potevano servire per l’attività pastorale del cappellano oltre che, ovviamente e prioritariamente, da smerciare per un utile guadagno. Su questa seconda parte del suo lavoro, Ulrico richiede una certa riservatezza, dato che soltanto qualche volta – aliquando – consentirà a don Paolo di andare a vedere eum laborare et litteras componere: espressione quasi tecnica per indicare l’approntamento di un testo a caratteri mobili. Quello del segreto era quasi un vincolo per quanti erano usciti dalla bottega di Guttenberg, sciamati da Magonza a partire dal 1462, a seguito di lotte e contese interne: uno, quasi certamente, potrebbe essere stato il nostro Ulrico. Tornando al primo contratto, da parte di Ulrico c’è l’assicurazione acché la stampa risulti leggibile con lettere rotonde, con un miglior risultato in confronto con la stampa di una Salve Regina in possesso di don Paolo: evidentemente questa in caratteri gotici. Che a quest’epoca, a Bondeno – non a Subiaco o a Roma – si parlasse con proprietà di carattere delle lettere per i testi da produrre – littera eorum [dei libri] sit textura formata rotunda legibilis – è fatto che, di per sé solo, ci presenta interlocutori non del tutto sprovveduti nei confronti della nuova ars artificialiter scribendi.

QUELLE MEDITAZIONI SOPRAVVISSUTE

Dei pattuiti prodotti tipografici sarebbe assurdo ricercare o, addirittura, ritrovare degli esemplari. Eppure almeno un libro, di piccolo formato e di poche pagine, non compreso nell’iniziale piano di lavoro, può – o deve – essere uscito da questa provvisoria stamperia bondenese: si tratta delle Meditazioni sulla Passione di Cristo. A sostenerlo con convinta e convincente sicurezza è stato Piero Scapecchi, che non ha avuto timore, a suo tempo, a mettere il dito nel pagliaio. Già: perché dire che il primo libro a caratteri mobili venne stampato a Bondeno nel 1463 significava togliere a Subiaco la primogenitura in fatto di stampa, raggiunta con il De divinis institutionibus di Lattanzio stampato – soltanto! – nel 1465 e preceduto dal ciceroniano De oratore, ad opera dei proto tipografi, divenuti poi romani, Konrad Sweynheim e Arnold Pannartz. Comunque: tranquilli! A Subiaco, nel monastero di S. Scolastica, si impiantò una vera officina libraria, posizionata poi dal 1467 a Roma nel Palazzo Massimo. 

Del citato libro delle Meditazioni, è da dire che sopravvivono otto carte delle diciassette che lo componevano, con in più quattro xilografie di origine tedesca. Questo lacerto librario stampato a caratteri mobili, entrato nella storia con il nome di Frammento Parsons, poi Parsons-Scheide, venne fatto conoscere fin dal 1927 da Konrad Haebler che ne localizzò la stampa tra Piacenza e Bologna datandolo al 1462; altri studiosi, pur variandone la datazione, la contennero generalmente al di qua del fatidico 1465. Dall’esame autoptico compiuto sul Frammento, lo Scapecchi ha acquisito ulteriori conferme relativamente al tipo di carta e al tipo di filigrana, in quanto trovano sicuri riscontri specialmente nel materiale del notaio bondenese Battista Carioni (atti dal 1449 al 1471), tra le cui carte si trovano i due contratti, dai quali siamo partiti. Difficile sintetizzare in questa sede il lavoro di incastro e di cesello con cui procede l’incunabolista Scapecchi per ricondurre a Bondeno le Meditazioni, ma una cosa pare certa: che questo manufatto risponde in pieno al metodo di lavoro, così come Ulrico si era impegnato ad eseguire, anche per soddisfare le attese di don Paolo.

BONDENO CAPITALE E LA TARGA “FUORI LUOGO”

Certo non sono mancate voci, anche autorevoli, di dissenso rispetto all’asserto di Scapecchi: ma quello che forse vale la pena notare è che, anche nel campo tipografico, può esistere una “Italia dei Borghi”: piccoli centri, ideali per recepire – o, al limite, produrre artigianalmente – stampe devote e strumenti utili per una modesta alfabetizzazione locale. Se poi, come scrive Lorenzo Valla, etiam parvis in historia locus, Bondeno ha tutte le carte in regola per figurare al primo posto in Italia nella storia della stampa a caratteri mobili. 

Per questa vicenda e per i personaggi protagonisti, con sincera convinzione lo Studioso auspicava che cittadini e amministratori di Bondeno ponessero sul campanile dell’antica pieve una lapide commemorativa di queste memorabili edizioni, delle quali è sopravvissuto l’unicum, ossia le Meditazioni sulla Passione di Cristo. La lapide è stata di fatto collocata sulla facciata della canonica l’8 dicembre 2019, a cura dell’Amministrazione Comunale e della Parrocchia. Laudanda voluntas: ma, proprio alla luce dei documenti bondenesi, non è giusta la sede e da meglio precisare nel contenuto. I due contratti, infatti, vengono siglati non in canonica, ma in domo parva, situata in castro o castello di Bondeno vicino al ponte: potrebbe essere compito degli agguerriti sodali del Gruppo Archeologico locale identificarne il sito e qui dovrebbe recarsi il sindaco in fascia tricolore per scoprire la lapide con nuovo testo corretto. La casa piccola, segno che ce n’era almeno un’altra grande, apparteneva al facoltoso providus vir Giovanni Dall’Olio (ab Oleo), spesso richiamato in atti di natura patrimoniale, con possessioni arative e prative poste a latere Gambaroni; in atto del 12 maggio 1465, che reca l’elenco degli homines de consilio terre Bondeni, egli compare come testimone, subito dopo il podestà di Bondeno, l’egregio Benvenuto Superbi del fu ser Checchino. Insomma: il Dall’Olio è da ritenersi non un asettico locatore della casa ma, pure, sostenitore finanziario nell’impresa editoriale e di arte figulina. Proprio in questa casa risulta abitare il cappellano don Paolo che, forse, vi teneva un suo atelier: qui, quasi certamente, realizzò un Crocifisso con gesso, carta e colla con rifiniture in legno: l’opera, da una sua lettera a Borso d’Este del 11 maggio 1463, risulta venduto al principe come se fosse stato di legno. Primavera movimentata a Bondeno quella del 1463: anche perché il buon cappellano, nella Settimana Santa, non aveva tralasciato di «predicare e ufficiare la giesia». Dunque: estroso e attivo don Paolo e certo meritevole di una menzione nella lapide. Ma tipografo unico dei tre libri pattuiti e delle Meditazioni fu, e come tale è da ricordare a imperitura memoria, Ulrico Pursmid.

DON FRANCESCO DA FIESSO

Arciprete di Bondeno dal 1451 al 1483 fu don Francesco da Fiesso, ecclesiastico di straordinaria cultura e di intenso impegno ecclesiale, dato che all’arcipretura bondenese congiunse, in diversi momenti del suo ministero, la collaborazione come vicario nelle diocesi di Reggio Emilia e di Ravenna, oltre che a Ferrara con il vescovo Lorenzo Roverella (+1474). Nell’ultimo decennio della sua vita incrementò la sua fornitissima biblioteca, fatta oggetto di studio da Adriano Franceschini, con una trentina di opere ad stampam di contenuto giuridico, soprattutto: vere novità editoriali, se si tiene conto che una vera e sistematica produzione di libri a stampa in Italia parte dal 1470. L’arciprete non compare nell’impresa editoriale, ma deve aver guardato con favore, se non con entusiasmo, alla novità della stampa: solo che si avverta il suo lamento per la dura fatica, che lo aveva tenuto occupato per nove mesi, nel trascrivere i diciassette libri del De situ orbis di Strabone nella traduzione latina di Guarino Veronese, terminato di scrivere il 31 maggio del 1462.

Pubblicato sulla “Voce” del 28 giugno 2024

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Immagine grande: la stampa a caratteri mobili in una xilografia del 1568 (part.). Immagine piccola: Meditazione sulla Passione, c. 11r (Frammento Parsons-Scheide, ora alla Scheide Library, Princeton, N.J.).

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