L’intervento di Annalisa Guida a Casa Cini per “Sovvenire”: «come cristiani siamo credibili?»

Essere cristiani significa essere «credibili». Ed essere cristiani non si può slegare dall’essere Chiesa, quindi dal fondarsi – nella fede in Gesù Cristo Nostro Signore – sulla «solidarietà» e sulla «comunione».

Un messaggio, questo, semplice ma che spesso diamo per scontato. Un aiuto a ricordarcelo ce lo ha fornito Annalisa Guida (Docente incaricata di Esegesi del Nuovo Testamento alla Pontificia Facoltà teologica dell’Italia Meridionale e direttrice dell’Associazione Biblica Italiana “Parole di vita”). Guida è intervenuta la sera dello scorso 7 febbraio a Casa Cini, Ferrara, per l’incontro dal titolo “Costruttori di comunità e di comunione. Lo stile coraggioso delle prime comunità cristiane e una buona notizia per l’oggi (Atti 2-5)”.

L’appuntamento era rivolto agli iscritti e alle iscritte della Scuola di Teologia per Laici “Laura Vincenzi”, ai referenti parrocchiali del “Sovvenire” e agli operatori pastorali, particolarmente quelli impegnati negli organismi di corresponsabilità. Ben 160 persone han seguito l’incontro, delle quali 30 in presenza (fra cui il nostro Arcivescovo) e 130 collegate on line. Dopo l’introduzione di Marcello Musacchi (Direttore Istituto di Cultura “Casa G.Cini”), è intervenuto per un saluto don Enrico Garbuio, Collaboratore a livello nazionale di “Sovvenire”. Don Garbuio ha ricordato l’importanza di una corretta informazione riguardo al Sostegno economico alla Chiesa Cattolica, viste anche le tante fake news regolarmente diffuse.

Corretta informazione che, per noi cristiani, non può non accompagnarsi sempre a uno stile di vita che attinga alla fonte della nostra fede, quindi anche allo stile delle prime comunità cristiane. Guida ha quindi spiegato come gli apostoli, pur essendo in minoranza e vivendo in una società “multiculturale”, fossero «creativi» nell’annuncio della Parola, e lo fossero sempre «nella consapevolezza di come l’azione principale fosse sempre dello Spirito Santo».

«Quella raccontata in Atti – ha proseguito – è al tempo stesso la storia di una comunità coesa e viva ma con tensioni interne e col pericolo sempre presente delle persecuzioni».

La relatrice ha dunque analizzato innanzitutto At 2,42-47, dove il ricorrere della «perseveranza» che contraddistingue il loro stile di vita dice molto della loro «fede non occasionale, non legata a sentimenti passeggeri, a facili entusiasmi», ma di una «fedeltà e costanza» importanti. Gli apostoli «raccontano a chi incontrano la vita e le opere di Gesù Cristo, annunciando il suo kerigma pasquale; non possiedono nulla ma mettono ogni cosa in comune, aiutando ognuno secondo il proprio bisogno; valorizzano a pieno il momento agapico, festivo, nello spezzare il pane, non solo come momento eucaristico ma appunto di condivisione gioiosa del cibo; le loro giornate sono scandite  dallo pregare assieme». In ognuno di questi gesti, il Signore è presente, è attivo e gli apostoli svolgono l’essenziale ruolo di «intermediari» fra Lui e le donne e gli uomini che incontrano.

Guida è quindi passata ad analizzare At 4.32-5,11, nel quale Luca racconta di una comunità ora più ampia, in crescita, ma dove non vengono meno i pilastri del vivere assieme precedentemente descritti. «Questa – ha spiegato la relatrice – è una comunità che esercita fascino nei confronti di chi sta fuori di essa, o sulla soglia»: ed esercita fascino perché è «credibile» ai loro occhi.«Anche oggi noi cristiani dobbiamo, quindi, interrogarci su se e quanto siamo credibili e con quanta gioia dimostriamo di vivere la nostra fede».

Nelle prime comunità cristiane non ci sono, quindi, più persone bisognose perché «tutto è dono e nulla è possesso: ricordiamocelo sempre, in particolare in quest’Anno giubilare». Ma, come accennato, si tratta pur sempre di donne e uomini in carne e ossa, quindi con le inevitabili debolezze, con la loro precarietà intrinseca. Nei versetti del cap. 5 sopra indicati, l’evangelista confronta tra loro il differente modo di agire da una parte di Barnaba e dall’altra dei coniugi Anania e Saffira. A questi ultimi due – che non versano alla comunità l’intera cifra guadagnata con la vendita di un terreno – come in Giuda,«Satana è entrato nei loro cuori». Nonostante l’unità della comunità («un cuore solo e un’anima sola»), i loro cuori «non agiscono in concordia con quelli degli altri, ma sono da essi separati, dimostrando probabilmente una diffidenza profonda». Anania e la moglie si sono, quindi, messi «volontariamente fuori dalla comunità degli apostoli, accordandosi tra loro in un sodalizio mortale». La loro morte rappresenta «l’ipostatizzazione del giudizio di Dio, del Suo sguardo».

In conclusione, l’intento di Luca è di mettere al centro «il rapporto tra la ricchezza, la gestione dei beni e la vita della comunità»: è fondamentale che ognuno riceva secondo il proprio bisogno, partendo dal «principio fondamentale della solidarietà e della comunione. Il venir meno di questa solidarietà e di questa comunione è ciò che davvero mette a rischio la vita della Chiesa, ancor più delle persecuzioni esterne. Chiediamoci, quindi – ha concluso Guida -, oggi nelle nostre comunità cristiane come educhiamo e ci educhiamo alla partecipazione e alla corresponsabilità, senza obblighi, ricatti o doppi fini».

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 14 febbraio 2025

 

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