In occasione della Giornata per la Vita, un’iniziativa diocesana di adozione spirituale di un bimbo a rischio aborto

di Marcello Musacchi

“Una preghiera per adottare una vita” nella domenica dedicata dalla comunità ecclesiale alla vita. 

È difficile oggi comprendere come la nostra intera esistenza sia sbilanciata verso l’invisibile. Vivere in un mondo che scambia intelligenza per elaborazione di dati e per manipolazione della verità, non ci aiuta a cogliere il valore dell’esperienza spirituale, senza la quale ogni realtà scivola nel fanatismo e nell’inautenticità ideologica. Essere sale e lievito è soprattutto una questione di stile. Come affermano antiche formule sapienziali, il divino è semplice, ma soprattutto non è divino ciò che tutto può contenere, ma la realtà che sa nascondersi in quel che esiste di più piccolo e fragile. 

La vita di un nascituro esposta alla possibilità del rifiuto, o di bambino oggetto delle brutalità causata dalla fame, dalla guerra, dalla povertà e dall’indifferenza sembra davvero non fare notizia ai nostri tempi. Siamo rassegnati e sottomessi, un po’ tutti, al fascino dei potenti, alle loro parate, mentre si preparano a decidere delle sorti delle persone e in definitiva basta trovarsi dalla parte giusta di un confine, di una appartenenza sociale, magari decidendo in maniera superficiale e illogica che si tratti di un diritto naturale. La vera tragedia è quando una vita innocente, quella dei piccoli si trova dalla parte sbagliata di queste linee immaginarie che ogni giorno vengono tracciate e decidono della sorte di esseri umani. L’assenza di una forte dimensione spirituale ci impedisce anche di imparare qualcosa dalle tragedie che toccano la vita dei bambini. Sembra venir meno così il significato stesso dei giorni che il Signore dona a ciascuno. 

La nostra (dell’Uffici diocesani Famiglia e Comunicazioni Sociali) è una piccola iniziativa, che non ha la pretesa di cambiare le cose, ma porta in sé il sogno di un’umanità migliore. La complessità in cui ci troviamo, talvolta, ha bisogno di piccole azioni, consuetudini minime, a cui legarci, a cui donare fedeltà, perché la nostra coscienza possa svegliarsi. Spesso i bambini, che il salmo ottavo dichiara essere i difensori della stessa giustizia divina, contro nemici e detrattori, non hanno alcuna custodia nei confronti del volto più cinico del mondo. 

Nella Giornata della vita ci piace quindi rilanciare l’affidamento spirituale di un/a bambino/a, ad una famiglia, ad un gruppo di adulti, a giovani che iniziano il loro percorso nella vita di coppia e, perché no, a qualche gruppetto di bambini/e più fortunati, che sappiano dar voce a chi voce non ha. La preghiera, un testo semplice, verrà presentata e distribuita nel corso dell’iniziativa dedicata alla vita, domenica 2 febbraio (v. sotto, ndr). Non ha l’intento di una supplica di riparazione, quanto piuttosto di sostegno e di accompagnamento dell’azione di Dio, della sua custodia e del suo amore per ogni uomo o donna, che vengono al mondo. Qualcuno potrà adottare spiritualmente un nascituro, sul quale incombe la minaccia dell’aborto. In questo caso la preghiera può dare forza all’azione preventiva di tutti coloro che operano, per preservare i diritti di chi si affaccia all’esistenza. Il sostegno spirituale non è mai giudizio verso una madre, semmai una richiesta, perché, nella fatica e nella difficoltà, possa riconoscere le ragioni di una scelta legata alla speranza e al dono della vita. 

Nessuno deve mai sentirsi abbandonato, nessuno.  Altri potranno adottare spiritualmente bambini, a cui, ottuse e parziali priorità di questo mondo, chiudono ogni porta di accesso ad un’esistenza piena e dignitosa, nei modi ricordati all’inizio di questo articolo, elencando le tragedie della fame, della povertà, della guerra. Crediamo si tratti di un esercizio spirituale che farà bene soprattutto a chi lo metterà in atto, sperando che alla preghiera si leghi anche una rinnovata azione concreta e solidale delle comunità cristiane, attraverso le Associazioni di volontariato e la Caritas. Se è vero che il Vangelo ci insegna che chi non diventa come un bambino non entra nel Regno, probabilmente saremo noi quelli adottati da questi bambini dimenticati dal nostro tempo, e saranno loro a farci trovare dalla parte giusta del confine, per un’eredità che non teme l’usura del tempo e il limite dell’uomo. 

Nella preghiera e nella fede, le gerarchie sono diverse: gli ultimi sono primi e i deboli, forti.

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 31 gennaio 2025

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