Il Giubileo è sempre stato storia dei popoli, tanto dei potenti quanto degli umili. E così è stato nel secolo breve tra Ferrara e Comacchio: ripercorriamo il Novecento fra entusiasmi e disincanto, intimo rinnovamento e organizzazione
di Miriam Turrini
Sfogliando il catalogo della mostra allestita all’Archivio di Stato a Ferrara in occasione del giubileo del Duemila e leggendo gli studi di mons. Antonio Samaritani e Angela Ghinato, editi pure in quel frangente, si può cogliere come i Giubilei siano stati profondamenti attraversati dalla storia, dei potenti e degli umili.
In pellegrinaggio a Roma in occasione del Giubileo andarono, ad esempio, il notaio Guglielmo nel 1350, il duca Ercole II d’Este nel 1550, mentre la moglie Renata di Francia aderiva al calvinismo, Torquato Tasso nel 1575 che evoca l’indulgenza giubilare nella Gerusalemme liberata, la confraternita cittadina di San Giobbe nel 1600, che in quella occasione ricevette la grazia di liberare due condannati a morte, mentre nel 1625 il Giubileo fu esteso ai soldati che non potevano recarsi a Roma. L’erudito Giuseppe Antenore Scalabrini in pellegrinaggio giubilare a Roma nel 1750 ne lasciò una descrizione manoscritta. Il popolo di Comacchio seguì numeroso il proprio Vescovo Giovanni Rondinelli nel pellegrinaggio giubilare a Roma del 1775.
A partire dal Giubileo del 1750, in modi differenti, l’indulgenza giubilare venne sempre estesa a livello locale, diventando accessibile a tutta la popolazione. Ma già nel 1475 e nel 1500 il duca Ercole I d’Este si era prodigato per tale estensione, anche se per i comacchiesi restava l’onere nel 1500 di visitare le chiese di Ferrara.
Gli editti episcopali conservati nell’Archivio storico diocesano di Ferrara, esaminati da Angela Ghinato, tracciano un panorama vario di indulgenze recepite nella Diocesi di Ferrara per il periodo dal Seicento all’Ottocento, dopo che il Concilio tridentino aveva riaffermato la validità delle indulgenze e avviato una profonda riforma della Chiesa. Accanto ai Giubilei veri e propri vi furono molti Giubilei straordinari. Si potrebbe ricordare, ad esempio, il Giubileo straordinario indetto da Clemente VIII il 20 febbraio 1598 in occasione della devoluzione del Ducato estense allo Stato della Chiesa.
Durante il travagliato Ottocento non furono celebrati a Roma i Giubilei del 1800 e del 1850 a causa della congiuntura politica, mentre nel 1875, dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia e l’inizio della questione romana, il Giubileo fu indetto ma si celebrò senza il tradizionale cerimoniale.
Manca uno studio complessivo sui Giubilei ordinari del Novecento nelle due Diocesi di Ferrara e Comacchio. I Giubilei ordinari nel secolo XX, tutti estesi alle Diocesi prima, durante o dopo il Giubileo romano, furono indetti regolarmente ogni 25 anni, ma ad essi si aggiunsero alcuni gGiubilei straordinari: nel 1933 nel 19° centenario della redenzione e nel 1983 nel 1950° anniversario della redenzione, oltre al Giubileo del 1966 per la chiusura del Concilio Vaticano II.
IL GIUBILEO DEL 1950: TUTTE LE INIZIATIVE
In vista del Giubileo del 1950 l’Arcivescovo di Ferrara mons. Ruggero Bovelli costituì un Comitato per l’Anno Santo, che si mise all’opera agli inizi del 1949: si organizzarono conferenze e quattro pellegrinaggi diocesani a Roma, oltre a tutte le iniziative per la fase giubilare diocesana del 1951. Mons. Bovelli dedicò la Lettera pastorale quaresimale del 1950 all’Anno Santo, definito «di gran ritorno» e «del gran perdono», concludendo con l’«augurio e voto» che il Giubileo del 1950 fosse il «trionfo completo» della «Regalità di Cristo» che avrebbe dovuto tradursi «in concreta realtà, nei cuori, nelle famiglie, nelle nazioni, nel mondo intero».
Don Camillo Pancaldi, parroco del Perpetuo Soccorso a Ferrara, annota nella cronaca parrocchiale l’entusiasmo dei suoi fedeli per i pellegrinaggi compiuti.
1966: SCARSO INTERESSE NEL POST CONCILIO
Nel 1966, invece, il parroco della stessa parrocchia cittadina, don Matteo Aloja, dovette registrare una scarsa affezione del popolo alla celebrazione del Giubileo: «Come giudizio complessivo devo dire che non è stato molto sentito. Si ritiene cosa superata «il Giubileo, l’Indulgenza plenaria»: quest’impressione l’ho riportata anche nella scuola, come insegnante di religione alle magistrali». Non era mancata l’organizzazione diocesana del Giubileo, che Paolo VI aveva voluto contemporaneamente a Roma e in tutte le Diocesi per sottolineare l’importanza delle Chiese locali. Il Giubileo straordinario del 1966 mirava a favorire la recezione del Concilio Vaticano II. Mons. Mosconi tenne dal lunedì al venerdì in Duomo in Quaresima lezioni sul Concilio, confluite nel volume Sermoni conciliari edito a fine 1966.
1975: MA HA ANCORA SENSO?
La difficile situazione interna alla Chiesa negli anni postconciliari ebbe ripercussioni importanti sull’indizione e la celebrazione del Giubileo del 1975. Nell’annunciare il Giubileo il 9 maggio 1973, Paolo VI aveva scritto: «Ci siamo domandati se una simile tradizione meriti d’essere mantenuta nel tempo nostro, tanto diverso dai tempi passati, e tanto condizionato, da un lato, dallo stile religioso impresso dal recente Concilio alla vita ecclesiale, e, dall’altro, dal disinteresse pratico di tanta parte del mondo moderno verso espressioni rituali d’altri secoli». La risposta fu positiva e condusse ad una concezione del Giubileo incentrata sul rinnovamento interiore personale e sulla riconciliazione.
Paolo VI compì un’innovazione: fece precedere il Giubileo romano da due anni di Giubileo nelle Diocesi, con l’intenzione espressa di onorare le Chiese locali secondo lo spirito e il dettato del Vaticano II. L’Arcivescovo mons. Natale Mosconi fece curare attentamente l’organizzazione dei due anni locali e del 1975 romano. Nei suoi accorati appelli ad approfittare di questa grazia si coglie il dolore per le rotture interne alla Chiesa e per la scarsa risposta dei giovani. Una realtà culturale vivace in quegli anni come l’Istituto di cultura “Casa Giorgio Cini” in città, affidato ai gesuiti, non riservò attenzione al Giubileo.
2000: LUNGA PREPARAZIONE E GRANDE LAVORO
Da dissodare è anche il terreno storico relativo al Giubileo del Duemila nell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio. Tale Giubileo fu annunciato da Giovanni Paolo II già nel 1994 al fine di far entrare l’umanità rinnovata nel terzo millennio. Come preparazione immediata il papa indicava due fasi: una prima dal 1994 al 1996, per sensibilizzare il popolo circa le caratteristiche e i contenuti del Giubileo, e una seconda (1997-1999), incentrata su un itinerario trinitario. La fase celebrativa nel 2000 coinvolse contemporaneamente la Terra Santa, Roma e le Chiese locali.
In tale periodo nell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio furono Arcivescovi mons. Luigi Maverna (1982-1995), durante il cui episcopato si era svolto il Giubileo del 1983, e mons. Carlo Caffarra (1995-2003), che in preparazione al Giubileo del 2000 promosse una grande missione cittadina per la Quaresima del 1998, missioni nei vicariati foranei nel 1999 e un pellegrinaggio a Lourdes nell’estate dello stesso anno. I documenti restituiranno la storia di una lunga e attenta preparazione e della celebrazione del grande Giubileo del Duemila, per il quale mons. Caffarra scrisse la Lettera pastorale “Niente sia anteposto a Cristo” il 15 luglio 1999, alla quale allegò un fittissimo calendario diocesano di celebrazioni giubilari. Fu approntato pure un dettagliato Direttorio pastorale nel quale alle parrocchie furono suggerite alcune iniziative dopo aver disposto: «Ogni parrocchia veda come celebrare il proprio Giubileo».
Il nuovo spirito conciliare e giubilare si riscontra nell’attenta preparazione al Giubileo nella parrocchia di Mizzana, alla periferia di Ferrara, dove don Francesco Forini coinvolse la sua comunità sul senso e i temi chiave del Giubileo. Preparò a tal fine anche un libretto per l’anno pastorale 1999-2000: Mizzana in giubileo. Guida per la preparazione al giubileo della redenzione. Ai primi due capitoli dedicati alle radici bibliche del Giubileo e alla storia dei Giubilei seguiva un lungo capitolo che esemplificava i «segni del Giubileo» indicati da Giovanni Paolo II nella Bolla di indizione del Giubileo del 29 novembre 1998: pellegrinaggio, Porta Santa, indulgenza, purificazione della memoria, carità (le nuove schiavitù, i debiti dei Paesi poveri, un nuovo modello di economia), memoria dei martiri. Le vie del Giubileo del Duemila prendevano il volto dei martiri della fede, della giustizia, della carità (accoglienza degli stranieri, lotta alla mafia) e del dialogo interreligioso.
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 17 gennaio 2025
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