Prende avvio una nuova Rubrica dedicata alla liturgia e in particolare ai suoi segni
di don Ivano Casaroli
Alla domanda perché non si riesce a coinvolgere i giovani nella Messa, la teologa Lucia Vantini risponde: «La liturgia ha un ritmo lento e per i ragazzi e le ragazze significa noia. È divenuta incomprensibile nei gesti e nelle parole, spesso ragazzi e ragazze si lamentano per il senso di distanza da quello che vivono. Se il Vangelo è una buona notizia, occorre che queste generazioni possano riconoscerlo nella loro quotidianità, in quello che vivono. Non sarà certo attraverso qualche ritocco estetico nella comunicazione, che potremo recuperare il dialogo e i legami con loro, ma con una reale attenzione al presente».
Non lascia spazio all’incertezza il titolo della ricerca del sociologo Luca Diotallevi, “La messa sbiadita”. Presentando la sua ricerca, il sociologo scrive che «è certamente in crisi la forma religiosa dominante nell’Europa continentale dal XVI al XX secolo. Alcuni si rifugiano nel neo-confessionalismo, cercando un po’ di spazio dietro all’uomo forte di turno, che sia di destra o di sinistra. Poi c’è chi si affida alla commodification of religion (…) Infine c’è l’intuizione di Paolo VI che nell’Evangelii nuntiandi parlava già allora della complessità dell’azione evangelizzatrice. E in più tracciava la strada da seguire. A volte mi sembra, invece, che il generoso impegno profuso oggi dalla Chiesa vada in altre direzioni con il rischio di disperdersi. Non stiamo buttando via una cosa andata a male, ma una ricchezza inestimabile». Tra le riflessioni del sociologo due colpiscono: la diminuzione della fede e della pratica religiosa ha conseguenze anche a livello sociale; siamo responsabili come singoli e come comunità di come va la società politica e culturale. La seconda riflessione è che «il cristianesimo sta diventando un fenomeno ad altissima compatibilità, va bene con tutto e non è contraddistinto da niente». Andare a Messa rischia di non significare quasi più niente, mentre il popolo credente ha sempre vissuto lo spazio dell’eucarestia come il momento della gratuità, il momento della pienezza dell’umanità, il momento della lode e della libertà.
Accanto a queste voci che evidenziano quanto è stato perduto, ne esistono altre che insistono sulla sete di spiritualità delle giovani generazioni e sociologi come Peter L. Berger che parla de “I molti altari della modernità”, per dire che sarà pure in crisi la pratica religiosa in Occidente, ma non certo la religione nel mondo. La nostra epoca, a suo parere, è «segnata da un forte ritorno delle religioni nello spazio pubblico. La teoria della secolarizzazione (più modernità = meno fede) si è rivelata sbagliata». Illuminante mi sembra anche la riflessione del monaco trappista André Louf: «In altri tempi, non molto remoti, tutto era chiaro. Si viveva di certezze. Nella Chiesa le strutture ben coerenti, i precetti, i comandamenti parlavano un linguaggio preciso. A tal punto che uno poteva sentirsi dispensato perfino dal pensare: c’era chi pensava per noi. Ma da diversi anni assistiamo a un’evoluzione. La chiesa assomiglia a un cantiere» in cui tutto è come messo sottosopra a prendere aria per riscoprire la bellezza di ciò che col tempo è stato coperto o dimenticato o anche per far crescere nuove piante.
Al centro di questo rivoltare all’aria aperta/riforma sta la riforma liturgica e particolarmente la celebrazione della Messa. Senza incertezze e senza nostalgie sto dalla parte della riforma e perché la amo provo ad offrire qualche spunto di riflessione sui segni e gesti che fanno la Messa. I segni sono: radunarsi, lo spazio, il tempo, rivestirsi, i colori, processione, la luce, cantare, la tovaglia, i fiori, baciare, incensare, la croce, il silenzio, le mani, proclamare, mescolare l’acqua con il vino, prendere il pane e prendere il calice, spezzare il pane, mostrare il pane, mangiare e bere, congedare e inviare, la festa cristiana dei sensi. Scopriremo che non ogni spiegazione potrà esaurirsi nello spazio delle circa quattromila battute e anche che non tutti prendono allo stesso modo.
A chi farà questo viaggio con me auguro di cuore buon cammino.
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 29 novembre 2024
(Rubrica “Nel giardino di Pasqua”)
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