Il 25 settembre è la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato

di Roberto Alberti

Torna il 25 settembre la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato. Analizzando meglio tale realtà capiamo che non si tratta solo di migranti, ma come diceva Papa Francesco alcuni anni fa, di qualcos’altro: delle nostre paure, della carità, della nostra umanità, di non escludere nessuno, di mettere gli ultimi al primo posto, si tratta di tutta la persona e di tutte le persone per costruire la città di Dio e dell’uomo. 

Oggi abbiamo la guerra in Europa, e avvertiamo più da vicino le conseguenze che essa genera, ma non dimentichiamo che dal 2017 al 2018 nel mondo vi erano 34 conflitti e 11 situazioni di crisi. La vendita legale e non di armi fattura un giro d’affari annuo di 100 milioni di dollari, e con la sola vendita illegale di armi ogni anno abbiamo 508.000 morti di cui 430.000 non in zone di guerra. Oltre all’alto numero di vittime tale fenomeno provoca la fuga di persone prima nelle zone interne del loro paese poi nei campi profughi all’esterno del loro paese. Altro motivo di fuga sono le diseguaglianze economiche: l’1% della popolazione mondiale più ricca controlla il 99% della ricchezza di tutto il mondo. Tra il 2015 e 2016 le 10 maggiori multinazionali del mondo hanno realizzato profitti superiori a quelli a cui possono accedere più di 180 paesi nel loro insieme. Si stima che nel mondo vi siano 820 milioni di persone che rischiano di morire per fame e quasi la stessa quantità (703 milioni) che soffrono di obesità. Ci sono 850 milioni di persone al mondo che non hanno accesso all’acqua e 600 milioni che non dispongono di servizi igienici essenziali (Il diritto d’asilo, report 2020). 

Questo per dire solo alcuni degli aspetti che sono alla base del fenomeno migratorio. La nostra Europa con 505 milioni di abitanti è ancora il paese più ricco del mondo, se volesse avrebbe tutte le risorse per accogliere i profughi in fuga da situazioni invivibili. Da inizio anno ai primi di settembre ci sono stati nel nostro paese circa 62.000 arrivi, cioè 1 per ogni mille abitanti e ci chiediamo cosa vengono a fare da noi? Se i paesi europei si mettessero a tavolino seriamente valutando solo alcuni parametri come la ricchezza di ciascun paese membro, il suo PIL, la disoccupazione giovanile, forse in un ora risolverebbero il problema dell’accoglienza e integrazione dei profughi e migranti, ma evidentemente non c’è la volontà di farlo. 

Sono stati dati dal nostro paese alcuni anni fa risorse ingenti per costruire case, scuole, strade nei paesi di origine dei maggiori flussi migratori, ma in realtà la maggior parte sono stati usati per foraggiare le motovedette libiche per il controllo del flusso migratorio verso l’Italia, con la differenza che in Libia non ci sono campi profughi, ma veri e propri campi di concentramento, ma questo non importa a nessuno. Per la ricerca del Regno di Dio e la sua giustizia, come ci chiede il Vangelo, occorre farlo insieme a tutti, quindi anche con migranti e rifugiati, per costruire un futuro per tutti e perché ciascuno possa dare il proprio contributo, altrimenti il Regno di Dio che siamo chiamati a vivere e promuovere fin da ora non è quello pensato da Dio.

Articolo pubblicato su “La Voce” del 23 settembre 2022

Abbonati qui alla nostra rivista!

Continua a leggere