11 ottobre 2020

 

OMELIA sul testo di ATTI 1,3-4; 12-14; 2,1-7

Quando avviene che una famiglia si va estinguendo per la progressiva morte dei suoi membri, i pochi che restano in vita avvertono nell’animo ricordi, sensazioni, emozioni, prima inimmaginabili: il sorriso della madre; le ammonizioni del padre; i dialoghi riemergenti; le lacrime, prima trascurate. Avviene come una seconda edizione di vita, nascosta nella mente dei superstiti.

Una cosa un po’ analoga avviene nell’anima del Vescovo emerito, ormai libero da impegni operativi e da complicazioni gestionali. Ritorna nell’animo tutto. Vangelo alla mano, egli sperimenta una seconda edizione di affetti, di auspicio e soprattutto di preghiera per quella che è stata la propria famiglia diocesana.

Mi perdonerete se oggi – festa della Beata Vergine delle Grazie, idealmente localizzata nella chiesa cattedrale, la nostra chiesa madre; festa di Maria , e riferendomi a Maria, nostra Madre della Grazia e delle Grazie – vi riporterò alla storia e alla meraviglia della Chiesa e a ciò che Gesù ha compiuto per renderla bella, incomparabile, divina, Regno di Dio, Domus Dei e Porta Coeli. Ritorno così, con voi, all’originale, alla ontologia e autenticità della Chiesa, per reviviscere nell’animo nostro (come diceva Paolo VI) «la luminosa, esaltante, santificante» realtà della Chiesa.

La prima lettura ci ha portato a contemplare la Chiesa, a cercarla nella mente di Cristo. Egli ci rivela la sua Sapienza di Fondatore di essa, la Sua Carità, che si chiama Spirito Santo, e il traguardo di Dio e dell’uomo qual è il regno di Dio. In questo testo troviamo il ritratto esaltante della Chiesa.

Premessa

Abbiamo udito che Gesù è vivo, già risorto, ma intermittente quanto a visibilità e a disposizioni operative. Si fonde ancora con gli “Undici” (il dodicesimo è spappolato nel campo del sangue).

Si mostra con molte prove, perfino unendosi a tavola, profondendo nell’animo di questi undici le ultime e definitive consegne per il Regno di Dio, compresa l’intimazione di restare a Gerusalemme. Poi – dallo stesso luogo dove avvertì straziata la sua anima e schiantato in solitudine il proprio cuore, sudando sangue: l’Orto degli Ulivi – fu separato da loro, fu elevato al Cielo ed eclissato da una nube ai loro occhi.

1. Poi, dove hanno soggiornato gli Undici ?

Essi sono a Gerusalemme. QUI avverrà l’irruzione dello Spirito; è da QUI che partirà la loro Testimonianza a Cristo verso l’intero mondo; QUI saranno battezzati di Spirito Santo dal Padre mediante Gesù stesso (Lc 24,49).

Probabilmente sono nella stessa sala del Cenacolo, la sala dell’Ultima cena, cioè dell’Eucarestia.

2. E chi sono questi Undici ?

Li elenco rapidamente; ma chiedo che, mentre faremo l’inventario degli Undici, noi tutti ci rapportiamo a loro con un sereno confronto, se cioè ricalchiamo un poco le loro peculiarità o se ce ne fossimo troppo diversificati.

Simon-Pietro

181 volte ricordato nel Nuovo Testamento.

Pietro: La Roccia della imminente Realtà-Chiesa.

Uomo di entusiasmo e di crisi.

L’inconscio ma reale interlocutore di Dio, tanto da definire Gesù il Figlio di Dio, e da diventare la Pietra Solida della Chiesa, da azzerare il potere degli inferi e da custodire le Chiavi del Regno dei Cieli.

Giovanni

l’unico salito al Calvario, perché Innocente di mani e puro di Cuore. Il “Totus Tuus” di Maria

Giacomo

fratello di Giovanni

sulle prime, Carrierista e Impetuoso;

poi aperto “a bere il Calice di Cristo” (cfr Mt 20,22). Il Primo Apostolo Martire

Andrea

fratello di Pietro

Convincente Rivelatore di Gesù a Pietro, cioè vero educatore.

Filippo

Guida verso Gesù di Natanaele, tanto da riuscire a farlo trasformare in Apostolo.

Tommaso

Uomo con i piedi per terra (cfr Gv 14,5), ma poi emittente dell’atto di fede più completo del Vangelo: “Signor mio e Dio mio” (Gv 20,28).

Bartolomeo

Natanaele

Vero Israelita in cui non c’era falsità (Gv 1,47).

Matteo

Il funzionario delle tasse che realizza in se stesso quanto indica papa Francesco: Miserando atque Eligendo, il perdono che diventa chiamata (cfr Lc 5,27-32).

Giacomo

il Minore/di Alfeo

Gesù risorto lo visita singolarmente (1Cor 15,16) ed egli diventa Apostolo di grande autorevolezza.

Simone

lo Zelota

Pronto alla lotta e alla Libertà

ma poi, apertosi a Gesù, esce fuori da schemi politici.

Giuda

fratello di Giacomo

sulle prime Obiettore di Gesù: “perché devi manifestarti a noi e non al mondo?”(Gv 14,22). Risposta: “A colui che non ama Gesù è inaccessibile” (Gv 14,24). Poi eclissato nei documenti ma presente nella sua probabile lettera che è contro gli Impostori.

3. Con chi sono questi Undici ?

Con Maria, la Madre di Gesù e i fratelli (=congiunti) di Lei.

Tutta la vita di Gesù è circondata dalla immedesimazione con la Madre, definita da Gesù stesso “Beata” perché ascolta e osserva la Parola di Dio (Lc 11,27-28). A Cana “l’ora” è anticipata grazie a Maria. Gesù “manifestò la propria gloria” (Gv 1,11).

Maria è definita come “chi fa la volontà di Dio” (Mc 3,31-35).

Maria “in Peregrinatione Fidei Processit” (LG 56).

Dice il Concilio: La sua vita fu tutta un cammino di fede, innervata dallo Spirito Santo.

Ecco perché la Chiesa la chiama Odighitria, cioè “Colei che conduce mostrando la direzione”.

4. Come hanno vissuto questi Undici nel piano superiore della casa in Gerusalemme ?

· Con-Cordi – Cor Unum et Anima Una

Di pari sentimenti, unanimi.

Era stata questa la preghiera di Gesù (Gv 17,12.21.22) quando chiese al Padre di rendere gli apostoli “perfetti (consumati) nell’unità” (Gv 17,23).

La Comunità cristiana è la fioritura nell’umanità dell’Agape del Padre; lo Spirito Santo passa nel cuore dell’uomo, nel suo sangue, nel suo respiro: Caritas Dei diffusa est in cordibus nostris per Spiritum Sanctum qui datus est nobis (Rm 5,5).

· E si occupavano costantemente della Preghiera, dedicandosi con zelo ad essa (Atti 1,14)

Certamente gli apostoli – sprofondati nella emozione degli incontri con il Risorto, del suo sparire nel Cielo, dell’apparizione degli angeli e della restata presenza con loro di Maria – altro non potevano fare se non pregare: tutti; tutti insieme, con straordinario appassionante impegno, così come desiderava Pietro nel giorno della Trasfigurazione: “Signore restiamo qui, restiamo così” (Mt 17,4).

Attendere Dio è pregare. Ecco perché Luca ci avvisa: dopo l’Ascensione gli apostoli “stavano sempre nel Tempio innalzando lodi a Dio” (Lc 24,53). Non più preghiera nella vita, ma vita di preghiera.

5. L’irruzione del Cielo in Terra

Nella stanza superiore della casa-cenacolo di Gerusalemme avviene l’Evento, la più grande svolta della creazione che riceve, davvero, il terremoto che la cambia (Atti 2,2); una nuova e definitiva pagina di storia per l’umanità; una nuova e definitiva Alleanza di Dio e con Dio; un Battesimo di purificazione e perdono; una epiclesi in grado di mettere nella storia lo Spirito di Dio, e perciò la redenzione di Cristo, e perciò l’Amore inalienabile, eterno, del Padre.

È la vera irruzione di Dio nel mondo. Al Sinai era avvenuta una premessa con un solo mediatore, Mosè: tuoni, vento, fuoco, fragore. Ma a Gerusalemme tutti ne furono investiti, tutti. Tutti furono ripieni di Spirito Santo (atti 2,4): l’esistenza cristiana è nata; l’avvento del Regno di Dio è sbocciato; la nuova creazione è iniziata; la misericordia di Dio, Gesù l’ha riaperta come corrente vitale per ogni uomo che si apre a lei; nasce la Chiesa e i Dodici hanno il compito di rovesciare Babele, sede delle divisioni, e irradiare da Gerusalemme “lo Spirito di Grazia e di Consolazione” innestando per tutta l’Umanità le grandi opere di Dio, nella lingua di ogni uomo.

6. I Dodici: “Ministri di Cristo e Amministratori dei Misteri di Dio” (Cor 4,1)

Non furono certo i Dodici a munirsi di doti speciali e a coniare loro inventive per approvvigionarsi di Spirito Santo ed estenderlo all’Umanità. Bensì, fu per consegna di Gesù che “tutte le cose della terra e del cielo poterono essere riconciliate e rappacificate” (Col 1,20) e fu con la dunamis, la forza, del superveniente Spirito Santo (cfr Atti 1,8) che i Dodici furono “riempiti di gioia, di pace, di fede, di Spirito Santo, e perciò, di ogni conoscenza, per esercitare come Ministri di Cristo il sacro compito di Apostoli (cfr Rom 15, 14-16).

Coloro che hanno visto Gesù salire al Cielo e hanno avvertito che lo Spirito Santo andava recuperando la loro propria casa e la loro propria vitalità, posandosi sulla persona di ciascuno (cfr Atti 1,3), non possono più essere indifferenti dinanzi a tanti fratelli, ignari di Cristo e di Dio: “Non possiamo più tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (Atti 4,20).

Gli Apostoli sono, perciò, Uperetas (=rematori di nave) di Cristo e Oikonomois (=tenutario della casa) (cfr 1Cor 4,1).

7. Salutari Domande

San Paolo, strabiliato di fronte alla sua missione di Apostolo “per vocazione” (Rom 1,1), annesso ai Dodici Apostoli, ma sentendosi indegno di tale designazione (cfr 1Cor 15,9), è cosciente che solo Dio può adeguarlo e sollevarlo dalla consapevolezza di essere “aborto” (1 Cor 15,8), “infimo” (Ef 3,8), “primo peccatore” (1 Tim 1,15).

Noi pure, raggiunti da tale progetto e mistero scoppiato a Gerusalemme e ricontemplato oggi con Maria, la Madre di Gesù, ci sentiamo come sopraffatti dalle medesime sensazioni di Paolo e, contemporaneamente, avvertiamo di essere sfervorati quando non ci colpisce più o ci affascina poco ciò che è avvenuto a Pentecoste.

Facciamoci perciò alcune salutari domande:

– Noi, ora, siamo a Gerusalemme: “un cuor solo e un’anima sola”; o siamo a Babele, isolati, separati e contrapposti ?

– La nostra preghiera si limita ad atti o si allena a diventare “vita di preghiera” ?

– Chi ci incontra, ci ascolta, ci scruta, ci vede “testimoni” ferventi o indolenti ?

– Ci diamo “pena” per la Chiesa o la lasciamo al suo destino perché non ci interessa ?

– Ci assomigliamo a Paolo, che tutto faceva per il Vangelo, oppure a Dema che abbandonò l’Apostolo per il secolo presente, cioè per una vita effimera e frivola, senza più orientamento ?

– Dalla nostra bocca scaturiscono “parole di edificazione” oppure parole che san Paolo chiama “Diabole” (1Tim 3,11), cioè leggerezze o maldicenze o calunnie ?

8. Tamquam Mel (Ap. 10,9)

In un alveare notiamo che esiste un coordinatore: l’ape regina, che produce 2000 uova al giorno; vi sono le singole api, ognuna tipica; tutte le api compiono un unico e comune loro lavoro: portare il nettare all’alveare, che è però settore dell’unico loro alveare. Ciascuna insieme, concorde con la Regina e con le Api-Sorelle per l’unico progetto e traguardo: il Miele.

Ma talvolta succede che qualche ape si Perde o si Distacca dallo Sciame; e, allora, questa inizia una vita isolata, in un favo posticcio, aggressiva e possessiva del proprio cibo, radiata per sempre dalla propria arnia e dal proprio alveare. Fallita. “Meglio non fosse mai nata”. Inutile.

Preghiamo per questa nostra Chiesa, affinché resti – a imitazione dello splendido alveare appena ricordato – unita, feconda di vita divina, salvatrice dell’umanità, evangelizzatrice dei propri concittadini, concorde, orante, Regno di Dio.

Testo non rivisto dall’autore

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